Rifiuti – Il rogo di Malagrotta è l’ennesimo fallimento dell’asse PD/M5S regionale. Gualtieri fa da sé e risolve l’emergenza

L’incendio di Malagrotta dimostra, ancora una volta, l’incapacità della Giunta Zingaretti di risolvere i problemi. Con l’aggravante dell’inconsistenza del M5S, ormai prossimi all’estinzione. Valeriani reagisce alle critiche, ma dimentica di aver approvato un Piano Rifiuti inadeguato e di non aver chiesto conto agli Uffici sul discutibile operato

ROMA – Sull’incendio di Malagrotta è stato detto tutto e il contrario di tutto. Sarà l’autorità giudiziaria a stabilire se è stato provocato da cause accidentali o altro. Sul sito del Comune di Roma si legge che le cause sono «ancora da accertare dalle autorità».

L’incendio è partito dal gasificatore, spento dal 2011, che viene usato per lo stoccaggio del combustibile derivato dagli impianti di trattamento meccanico-biologico, per poi allargarsi fino a distruggere il Tmb.

Il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, subito dopo il rogo di Malagrotta, ha commentato dicendo che «l’incendio del Tmb non è solo un grave incidente, ma costituisce un danno significativo per il sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti a Roma, su cui avrà inevitabili conseguenze immediate. Siamo già al lavoro per ricollocare quanto prima le quantità trattate dall’impianto danneggiato e indirizzarle su altri impianti di trattamento e sui successivi sbocchi».

Alle parole sono seguiti i fatti. Come quando, nello scorso mese di aprile, ha spiazzato tutti risolvendo l’annosa questione dell’immondizia romana con il progetto di costruzione di un termovalorizzatore.

Provocando sconquassi nella traballante maggioranza regionale composta, oltre che dal PD, dai grillini (ormai prossimi alla scomparsa dal panorama politico regionale e non solo) e da cespugli di sinistra.

Anche a seguito di questo imprevisto(?) incidente che ha rischiato di mettere Roma in ginocchio, il sindaco è riuscito in meno di 24 ore a trovare la soluzione. Dimostrando di avere un altro passo rispetto a chi, da quasi dieci anni, amministra la regione Lazio.

Lo abbiamo ribadito più volte e l’ultimo evento lo ha confermato: il fare di Gualtieri si è scontrato con il non fare di Zingaretti, tanto che il primo si è trovato “costretto” a chiedere al governo Draghi poteri speciali per realizzare impianti adeguati.

Perché non è un segreto che il Piano Rifiuti regionale, approvato dalla maggioranza giallorossa che governa la regione (anche se quando il Piano è stato approvato i grillini erano, si fa per dire, opposizione), è un documento sbagliato, obsoleto.

Un Piano che non risolve le emergenze ma le asseconda e che non prevede la possibilità di costruire termovalorizzatori.

Gualtieri, però, ha dalla sua un fattore molto importante, possiamo dire determinante. Ha vinto le elezioni praticamente da solo, contro il Movimento 5 Stelle e contro Calenda. Ha, quindi, una maggioranza omogenea.

Numeri che gli permettono di portare avanti il suo programma senza intoppi. Giuste o sbagliate che siano le sue scelte (e in materia di rifiuti, finora, le ha azzeccate tutte), può andare avanti a testa bassa per realizzarle. Anche infischiandosene dei “bla bla bla” grillini.

Zingaretti, invece, è fermo, immobile. Con una Giunta che in materia di rifiuti ha prodotto solo disastri. Negli anni ci hanno fatto credere che il problema erano i comuni a non indicare siti idonei ma, alla prova dei fatti, per risolvere il problema il Governo ha dovuto depotenziare l’immobile e inefficiente regione zingarettiana per affidare, tramite Decreto, poteri speciali al sindaco di Roma.

Immaginare un dibattito in Consiglio regionale per modificare il Piano rifiuti per inserire il termovalorizzatore, ad oggi, è fantascienza.

Perché il famoso “campo largo” invocato nel centrosinistra, che dovrebbe coinvolgere anche i pentastellati, di fatto restringe di molto il “campo d’azione”.

Anche se istituzionalizzati e depotenziati per rimanere nella maggioranza di Zingaretti, alcuni grillini hanno il terrore di perdere gli ultimi voti rimasti. E la materia termovalorizzatore, per loro, può essere il vero colpo di grazia. L’atto finale di una “liquidazione” già in essere.

Ecco, quindi, che la tanto agognata alleanza con il Movimento 5 Stelle in regione rischia di trasformarsi in un boomerang per il Partito Democratico. Che già deve fronteggiare le perplessità, ad essere ottimisti, di altri pezzi della maggioranza regionale: Marta Bonafoni e Gino De Paolis. I grillini hanno dato prova, nelle recenti amministrative, di avere percentuali ridicole nei grandi comuni del Lazio. E letteralmente assenti nei più piccoli.

A Frosinone, ad esempio, con tre deputati e un sottosegretario, hanno raggiunto la misera percentuale del 1,34% riuscendo a trovare soltanto 22 candidati (su 32 previsti) da inserire in lista.

Di questi, ben 14 hanno ottenuto meno di dieci preferenze (tra questi in sei hanno totalizzato zero voti).

Siamo di fronte, dunque, ad un campo che per il centrosinistra si allarga soltanto di una manciata di voti ma che restringe, di molto, le possibili iniziative amministrative.

Una zavorra che, come dimostrano i fatti, rende la regione Lazio inefficace e improduttiva. Come Gualtieri, con la sua stabile e omogenea maggioranza, sta dimostrando.

Se poi aggiungiamo un assessore ai rifiuti (Massimiliano Valeriani) che attacca Gasparri dicendo che la regione Lazio non realizza impianti (ci mancherebbe) ma li autorizza su proposte di imprese e comuni e da anni aiuta Roma nell’emergenza, allora il quadro è più chiaro.

Non c’è più il contatto con la realtà. Gli impianti sono autorizzati dalla regione e lo stesso Valeriani in una Audizione in Commissione Trasparenza aveva precisato che gli iter autorizzativi erano in capo ai Dirigenti regionali senza nessuna capacità o volontà di influire in tali scelte.

Ma quando gli Uffici sbagliano, o comunque optano per scelte discutibili, chi ha il dovere di vigilare?

O eventualmente, chi rimuove il Dirigente?

E tra interdittive antimafia aggirate e autorizzazioni discutibili ci sarebbe molto da dire…

L’incendio di Malagrotta ha confermato quello che già si sapeva, il fallimento dell’amministrazione regionale guidata da Zingaretti. Con l’aggravante di un’alleanza con un Movimento che ha fallito alla prima prova di governo in Enti Locali. I grillini, infatti, sono stati spazzati via in tutti i comuni del Lazio, dopo che i cittadini hanno potuto “assaggiare”, purtroppo, il loro modo di governare. Roma, Guidonia, Ardea, Marino, ecc. hanno già dato. La regione Lazio può ancora evitare questo scempio.