Fu la prima scuola popolare femminile gratuita, da settembre l’istituto ha chiuso i battenti
VITERBO – È stata la prima scuola popolare pubblica gratuita nel mondo per l’istruzione delle ragazze e delle bambine, un vanto per Viterbo e per l’Italia.
La sua ideatrice è stata la viterbese Santa Rosa Venerini, vissuta dal 1656 al 1728.
“La nostra Presidente del Consiglio avrebbe dovuto nominare anche Santa Rosa Venerini tra le grandi donne italiane ricordate nel suo discorso di insediamento al Parlamento.
Ogni anno, come delegata provinciale agli spettacoli di beneficenza Unicef, ho visitato e visito tante scuole per invitarle a partecipare con i loro alunni.
Sono stata più volte anche alla scuola San Giovanni ed una suora un giorno mi ha raccontato la storia della sua fondatrice scritta anche in un libro”. Afferma la professoressa Antonia Carlini.
La storia di Santa Rosa Venerini
Nel XVII secolo la donna si occupava dei figli e della casa nel migliore dei modi, spesso però aiutava il marito anche nei faticosi lavori nei campi.
Nei centri urbani importanti invece, l’educazione delle bambine e delle giovani di famiglie nobili e benestanti era compito anche degli educandati annessi ai monasteri femminili.
Una ragazza viterbese Rosa Venerini, abitante in un palazzo nobiliare, ora via Mazzini, intelligente e colta di buona famiglia, educata in casa e nel monastero di Santa Caterina (in Piazza Dante), vedendo la grande massa di bambine del popolo che cresceva senza istruzione, condizionata dal bisogno e dall’ignoranza, ebbe l’intuizione di migliorare la loro vita.
Già da bambina Rosa voleva dedicarsi al Signore, facendo opere di bene. Maturando negli anni comprese l’importanza dell’Apostolato e lo praticò senza chiudersi in un convento.
Ancora adolescente invitò un piccolo numero di bambine e ragazze a casa sua, occupando una stanza per delle “lezioni di ascolto”, dei passi del Vangelo e della Bibbia.
Poiché le giovani dovevano anche lavorare come sarte o ricamatrici, Rosa le accettava con il loro lavoro. Le giovani apprezzavano la conoscenza delle Sacre Scritture e pian piano si passò alle lezioni di “alfabetizzazione”.
È così che, aiutata da due sue amiche, Rosa Venerini aprì la Prima Scuola Popolare femminile gratuita con lo scopo di aiutare le ragazze del popolo a comprendere il loro valore e trovare nella preghiera e nell’istruzione la propria dignità di persona.
Il suo motto era “Educare per Liberare”.
Era il 30 agosto del 1685, la sua sede era nell’odierna Via Mazzini, a casa sua.
Non furono tutte rose e fiori.
In quel tempo infatti non c’era l’abitudine di vedere un gruppo di donne vivere insieme senza Monastero, senza voti e senza grate, con il compito di insegnare a leggere e a scrivere; ma la popolazione capì e presto tutte quelle che potevano corsero in quella scuola, la cui sede fu ampliata grazie all’aiuto economico di una nobile viterbese Artemisia Bugiotti.
Questo progetto interessante divenne famoso in tutto il viterbese e Rosa fu invitata dal Cardinale Marcantonio Barbarigo, Vescovo di Montefiascone, che lodò il progetto e fece aprire ben 10 scuole nella sua diocesi.
A Montefiascone Rosa conobbe Lucia Filippini che amava anche lei l’Apostolato e divenne sua stretta collaboratrice nelle scuole di Montefiascone.
Rosa fondò altre scuole, che ancora esistono, in tutta la Tuscia, in Umbria, in tutta Italia e soprattutto a Roma. Le scuole si diffusero anche in tutti i continenti tranne l’Oceania.
“Con il loro progetto continuano ancora adesso a diffondere tra i popoli i valori culturali, civili, morali e religiosi, compresi nel loro motto “Educare per Liberare”. Santa Rosa Venerini e Santa Lucia Filippini hanno aiutato tante generazioni di ragazze a crescere in consapevolezza ed equilibrio.
Il triste annuncio, all’inizio di settembre (due mesi fa), della chiusura della scuola San Giovanni in Via Mazzini ha reso tristi gli alunni ed i genitori.
Viterbo ha rinunciato ad una scuola che insegnava con il cuore ardente dell’Apostolato, iniziata da Santa Rosa Venerini proprio in questa sede viterbese“. Conclude Antonia Carlini.