Peronospora, Monzillo: “Nel viterbese perdite di 15 milioni di euro per il settore vinicolo”

Per il Lazio le perdite arrivano a cento milioni

VITERBO – Peronospora, i danni ci sono e si sentono tutti. Il terribile fungo che dalla primavera comincia ad insediarsi tra i vitigni provocandone il disseccamento, nel viterbese ha portato ad  una produzione vinicola giunta ad appena il cinquanta per cento dell’uva raccolta, e così anche nel resto del Lazio, dove le perdite si aggirano intorno ai cento milioni di euro con l’inevitabile aumento del 15, 20 per cento dei prezzi di vendita.

Francesco Monzillo segretario della Camera di Commercio di Rieti e Viterbo ne ha parlato questa mattina a Rai Tre sul tg regionale.

“Tutto questo avrà effetto sull’economia del territorio. Dai rilevanti effetti diretti che andranno ad incidere sulla produzione di uva e conseguentemente del vino, che per il viterbese si aggirano su una perdita di 15 milioni di euro, a quelli indiretti.

Il vino fa parte della nostra tradizione agricola, è un settore traino della Tuscia, intorno ci girano turismo, cantine, eventi enogastronomici, molte piccole cantine faranno fatica a produrre e garantire il prodotto al commercio esterno. Il problema è grave, il rischio degli aumenti c’è, ma non riguarderà tutto il settore, sui cui incidono zona e numeri di produzione di ogni singola  cantina”.

Poi c’ è la manodopera che serve il settore, ma qui Monzillo è un po’ più ottimista.

I lavoratori stagionali vengono per la maggior parte da fuori, la provincia ne risentirà pochissimo“.

Tre anni di incubo per le produzioni che, con le gelate prima, la siccità poi, oggi si trovano a combatte anche contro questa terribile malattia che esiste da secoli e con piogge e caldo umido fa la sua comparsa, difficile da debellare con il persistere delle precipitazioni.

Peronospora (Plasmopara viticola)
L’agente causale della peronospora della vite è Plasmopara viticola patogeno originario del Nord America arrivato in Europa probabilmente con il materiale vivaistico importato in Francia L’anno della prima segnalazione nel Vecchio Continente è stato il 1878 mentre l’anno successivo fu segnalata nel Nord Italia. Nel giro di pochissimi anni la malattia si diffuse in tutto il continente ed in Turchia. La prima vera dimostrazione del suo potenziale distruttivo fu nel 1893, quando il 50% della produzione francese andò persa per un attacco epidemico.
Dall’inizio del secolo successivo, la malattia iniziò a manifestarsi in maniera regolare in dipendenza delle condizioni meteorologiche, causando danni gravissimi ai vigneti e forti
flessioni della produzione soprattutto nei Paesi dell’Europa continentale, ma non risparmiando
l’Italia.

Il sintomo visibile dell’avvenuta infezione sulle foglie di vite è la classica presenza di “macchie
d’olio”, ai suoi limiti si formano delle marginature brunastre, poi i tessuti imbruniscono, disseccano e le foglie infine cadono.  Il patogeno può attaccare solo i tessuti verdi della vite, ove sono presenti gli stomi, le conseguenze di infezioni gravi possono compromettere il metabolismo
generale delle piante.  Anche i germogli erbacei possono venire colpiti dalle infezioni: sui giovani grappoli si ha la formazione di un “marciume grigio” con la produzione di un feltro biancastro sugli acini mentre sui grappoli prossimi all’invaiatura, si evidenzia un “marciume
bruno” poiché i tessuti imbruniscono e gli acini si spaccano, marciscono e cadono.

Benedetta Ferrari

 

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