L’inchiesta – Latina, il caso Iannotta. Dall’arresto alla confisca tutte le verità nascoste (Parte 2)

Il Tribunale di Roma – Sezione Specializzata delle Imprese ha condannato nel 2018 la curatela fallimentare del Tribunale di Latina

LATINA – Il caso Iannotta parte da lontano e non possiamo non ricordare quanto accaduto presso il Tribunale  Fallimentare di Latina, coinvolto pochi mesi dopo, in una brutta storia di corruzione che ha visto finire in carcere Antonio Lollo, giudice fallimentare del tribunale di Latina arrestato con altre 7 persone perché ritenuto il capo di un presunto sistema di fallimenti pilotati e mazzette, in alcune intercettazioni era preoccupato di come investire i soldi: “Dove c… li metto sti soldi? Se avessi potuto mi ero già comprato una casa”.

Questo passaggio è doveroso anche perché, inspiegabilmente, il Tribunale Sezione Misure di Prevenzione di Roma ha emesso una condanna di confisca non tenendo conto sia dei tre gradi di giudizio che avevano dato ragione a Luciano Iannotta ma soprattutto dei contenuti di quelle sentenze che, di fatto, sono un vero e proprio atto d’accusa nei confronti di chi, senza alcuno scrupolo, ha distrutto una delle società pontine più fiorenti.

La sentenza di assoluzione di Alessia Trulli e Luciano Iannotta emessa dal Tribunale di Latina in data 26 ottobre 2022 non solo non ha scosso la coscienza dell’Associazione Nazionale Magistrati ma anche del CSM che non ha prodotto alcun rilievo o adattato provvedimenti contro gli artefici di questa vicenda che non solo ha visto soccombere il Tribunale Fallimentare in tutti e tre i gradi di giudizio ma ha esposto lo Stato ad un maxi risarcimento che sarà probabilmente uno dei più grandi della storia recente.

L’inchiesta – Latina, il caso Iannotta. Dall’arresto alla confisca tutte le verità nascoste (Parte 1)

Dubbi e perplessità in primo luogo stimolati dall’ampia formula di giustizia di assoluzione dell’imputato Luciano Iannottaper non aver commesso il fatto” e “perché il fatto non sussiste” in capo ad Alessia Trulli, entrambi rinviati a giudizio “per aver occultato o comunque distratto, in concorso tra loro, i beni della società fallita Industriale Pontina Srl (già Antares Industriale Group S.p.a.)”, precisando che per il capo d’imputazione (A) poteva essere esercitata la prescrizione, ma il Tribunale ha voluto non tenerne conto e procedere con l’assoluzione, accuse gravissime nei confronti dei noti imprenditori di Sonnino e della loro famiglia, che nel corso di oltre quindici anni di travaglio giudiziario hanno assistito impotenti alla distruzione per via giudiziaria della Antares Industriale Group Spa, oltre alle revoche degli affidamenti bancari degli Istituti di credito per somme complessive superiori ai 30.000.000,00 (trenta milioni) di euro, senza contare gli oltre 45.000.000,00 (quarantacinque milioni) di euro di mezzi ed impianti beni strumentali dell’azienda andati in fumo dopo i sequestri illegali per un totale complessivo di oltre 75.000.000,00 (settantacinque milioni) di euro.

A causa di questo disastro creato dagli uffici Giudiziari di Latina si sono generati ulteriori procedimenti penali ma, cosa ancor più grave, le parti ritenute sbagliate con tre gradi di giudizio sono state usate dagli organi inquirenti nel giudizio di prevenzione promosso dalla Divisione Anticrimine della Questura di Latina e dai pubblici ministeri della di DDA di Roma.

SENTENZA 26.10.2020

Il così detto doppio lucchetto del Gruppo Iannotta è stato disposto ed eseguito dal Tribunale di Roma, prima con il sequestro ordinario di prevenzione della Italy Glass Spa nel 2020 insieme ad altre tre società del Gruppo, poi con il sequestro anticipato di prevenzione patrimoniale e personale che nel febbraio del 2022 ha coinvolto tutte le aziende di famiglia, sul presupposto di una presunta pericolosità sociale dell’imprenditore Luciano Iannotta dedotta anche sulla base degli stessi fatti giudiziari per i quali il Tribunale di Latina in data 26.10.2022 lo ha assolto con ampia formula di giustizia.

Sono scontate le domande del cittadino comune:

1. Che sorte hanno avuto i milioni di euro di beni della società fallita Industriale Pontina Srl (già Antares Industriale Group S.p.a.) da Trulli e Iannotta consegnati mediante verbale del 26 Luglio 2010 delle ore 17:00, al Tribunale fallimentare di Latina, rimasti nella disponibilità della Curatela?

2. Chi paga adesso gli oltre 200 milioni di danni subiti dall’imprenditore Luciano Iannotta e la sua famiglia, dove sono stati richiesti con specifiche querele a valle di 5 sentenze nei vari gradi di Giudizi, che condannano gli uffici Giudiziari di Latina? (Organi inquirenti, Procura e Tribunale).

L’epilogo nel merito dell’azione penale esercitata dalla Procura della Repubblica di Latina per i fatti presupposto dell’annullato sequestro di cui sopra è stata la sentenza n. 522/2011 di assoluzione del Tribunale di Latina del 29.04.2011 n. 6777/07 R.G.N.R., con ampia formula assolutoria in quanto ai sensi dell’art. 529 c.p.p. l’azione penale non doveva essere iniziata nei confronti di tutti gli imputati (Alessia Trulli per ANTARES INDUSTRIALE Srl poi ANTARES GROUP SPA, oltre agli altri).

Nell’ambito dell’azione sociale di responsabilità promossa dalla dott.ssa Lombardi nella qualità di Curatore fallimentare veniva denunciata senza mezzi termini la vendita a prezzo incongruo ed in favore di asserite “società di comodo” di immobili e rami d’azienda già di pertinenza della Antares Industriale Group Spa poi Industriale Pontina Srl.

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Ebbene, nella relazione peritale – svolta con riferimento a tutti gli atti di disposizione oggetto di doglianza nella presente sede – il consulente incaricato dal P.M. ha evidenziato quanto segue: La Guardia di Finanza di Terracina ha accertato che:

1) i prezzi delle cessioni sono stati realmente versati dalle società cessionarie;

2) per eseguire il pagamento le cessionarie hanno utilizzato strumenti tracciabili quali assegni bancari, assegni circolari, bonifici ed in minima parte, contante;

3) le operazioni di addebito risultano regolarmente riportate sui conti societari delle cessionarie”; il medesimo Consulente ha poi specificato quanto segue: “Nulla ha riferito la Guardia di Finanza sulla presunta incongruità dei prezzi di cessione segnalata dal Curatore fallimentare il quale, tuttavia, non chiarisce il percorso metodologico e valutativo utilizzato. Sul punto gli esiti delle verifiche svolte inducono lo scrivente a non confermare le conclusioni cui giunge l’organo fallimentare [ … ] Gli accertamenti svolti hanno evidenziato che, ad eccezione della vendita del terreno industriale di cui al contratto del 2.10.2008, in cui il prezzo di vendita è di poco inferiore al valore minimo commerciale [ … ], la misura dei prezzi praticati risulta in linea con i valori di mercato o catastali e, pertanto, non definibile incongrua”.

Singolare è la constatazione che la querela nei confronti della Curatela Fallimentare del Tribunale di Latina e dott.ssa Lombardi promossa da Alessia Trulli e Luciano Iannotta per centinaia di milioni di euro di danni sia coordinata dello stesso Pubblico Ministero che nell’udienza del 26.10.2022 ha chiesto una condanna di 3 anni per Trulli e Iannotta, mentre il Tribunale li ha assolti per non aver commesso il fatto e perché il fatto non sussiste.

Nonostante ciò nel giudizio di confisca il collegio del Tribunale di Prevenzione di Roma presieduto dal giudice Maria Antonietta Ciriaco e dal giudice delegato Anna Maria Fattori, a spregio di di sentenze emesse da giudici dello Stato non tenendo conto di questi importanti passaggi:

1) La Guardia di Finanza già nel 2007, nel corso di una verifica tributaria, accerta che Luciano Iannotta e le sue società, avevano operato in regime di legalità;

2) Il consulente nominato dalla Procura della Repubblica di Latina ha sottoscritto la relazione dichiarano che le cause del fallimento Antares era stato provocato dall’incauta azione degli organi giudiziari di Latina;

3) Infine la Suprema Corte di Cassazione sentenzia l’annullamento, senza rinvio, del sequestro ai danni della società Antares;

4) La Procura non si arrende al giudizio di dissequestro e rinvia a giudizio Luciano Iannotta e i suoi familiari nonostante 10 anni prima ci fosse stata, sullo stesso argomento, una sentenza di assoluzione e in barba alla regola “Ne Bis In Idem”. Ne bis in idem è una locuzione latina che significa «non due volte per la medesima cosa». Si tratta di un principio giuridico che implica che lo stesso fatto, una volta deciso dal giudice, non può più essere messo in discussione.

5) Il Tribunale ricorre comunque in Appello che conferma la sentenza di primo grado assolvendo Iannotta e i suoi familiari.

6) Visto che l’ambito penale non aveva prodotto risultati inizia nei confronti di Iannotta un’azione civile che ha visto soccombere, anche in questo caso, il Tribunale Fallimentare di Latina condannato anche a risarcire le spese legali per 443mila euro.

7) Anche le accuse a Iannotta di aver omesso di elencare correttamente i mezzi meccanici nella lista del curatore fallimentare si chiude con una assoluzione con formula piena.

Questo dovrebbe bastare a far desistere chiunque e anche i disastri compiuti da giudici come la Saguto Lollo avrebbero dovuto consigliare i due giudici Ciriaco e Fattori, che invece hanno avallato (senza leggere carte e documenti come riportato nell’appello dell’avvocato Antinucci) notizie e informazioni del tutto errate. Non hanno tenuto conto di testimoni chiave dando già per scontata la colpevolezza di Iannotta e quindi proceduto alla confisca.

Siamo stati presenti fisicamente ad una delle udienza del Tribunale di Prevenzione presiedute dalla Ciricaco e siamo rimasti costernati dal fatto che, difronte all’ammissione di reati commessi attraverso azioni fraudolente dell’amministratore giudiziario Francesca Sebastiani il giudice non abbia sospeso l’udienza e trasmesso gli atti alla Procura competente.

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Nulla sembra aver segnato la storia del giudice Saguto.

Silvana Saguto, ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, è finita sotto processo, insieme ad altri 11 imputati, per aver gestito, secondo le accuse in maniera clientelare, i beni confiscati alla mafia e avere messo in piedi un vero e proprio “sistema” per la procura nissena.

Al suo fianco anche alcuni suoi “fedelissimi”, tra commercialisti, professori universitari, amministratori giudiziari, uomini in divisa e alcuni familiari. In cambio avrebbe ricevuto favori, assunzioni, regali e soldi in contanti. In primo grado è stata condannata dal Tribunale di Caltanissetta a 8 anni e sei mesi.

In secondo grado, la Corte d’appello di Caltanissetta, il 20 luglio 2022, le ha inflitto una condanna più pesante a 8 anni e 10 mesi per corruzione, concussione e abuso d’ufficio.

In appello cadde l’accusa di associazione a delinquere. Silvana Saguto, radiata dalla magistratura, secondo i pm nisseni, insieme a quello che è stato definito dai giudici di Caltanissetta il suo “cerchio magico” avrebbe fatto un uso “distorto” dei beni confiscati alla mafia.

A tradirla sarebbe stato il suo tenore di vita e quello della sua famiglia, definito troppo elevato.

Accanto a lei, l’ex re degli amministratori giudiziari, Gaetano Cappellano Seminara, che secondo l’accusa, avrebbe consegnato all’ex giudice, una mazzetta da 20 mila euro contenuta in un trolley. Adesso la Cassazione ha dichiarato irrevocabile la sentenza di secondo grado ma solo parzialmente, riqualificando invece alcuni capi di imputazione, dichiarando la prescrizione di altri, mentre altre accuse nei confronti degli imputati (12 in totale nel processo) sono cadute per pronuncia di assoluzione.

Gli avvocati di Luciano Iannotta hanno denunciato tutte le storture di queste azioni giudiziarie alla Procura della Repubblica di Perugia e al suo capo Raffaele Cantone.

 – Segue

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