“L’Accattone” della Banda della Magliana non è morto, fake news smentita da lui stesso

ROMA – Titoli cubitali e sei colonne, stamattina, tutte dedicate a lui sulle maggiori testate nazionali: Antonio Mancini, “L’Accattone” della Banda della Magliana è morto.

Su la Repubblica, addirittura, due pagine intere sulla mirabolante escalation di uno dei maggiori esponenti del clan criminale: dalla prima lambretta rubata a 12 anni ai colpi in batteria fino all’incontro con Abbatino e Giuseppucci.

Una ricostruzione puntuale con i relativi approfondimenti: il pentimento, la collaborazione con gli organi di giustizia, l’ispirazione per il personaggio di Ricotta in Romanzo Criminale.

Una vita di rapine, omicidi, violenza che ieri sera era stata data per finita: game over per “l’Accattone” a 75 anni.

Ed invece, come un’araba fenice, è lo stesso Antonio Mancini a dare la smentita della sua dipartita: “Hanno detto che sono morto a 85 anni… Pertanto c’ho altri dieci anni assicurati…”

In mattinata viene svelato l’arcano: il morto è Luciano Mancini, non Antonio.

“Er Principe”, insomma, al posto dell'”Accattone”.

A coincidere, lo stesso imprinting criminale: anche Luciano (il morto), come Antonio, è stato uno dei più autorevoli esponenti della Banda della Magliana: a lui era assegnato un compito non da poco, quello dell’investitore di capitali, ossia di colui che spendeva il denaro che il gruppo riusciva a raccogliere in modo da garantire nuove entrate.

A dare la notizia della scomparsa del boss, il figlio Massimiliano, che ha cosi commentato la notizia della fake news: “Nel dare conto della morte di mio padre c’è stato un errore di comunicazione, legato al fatto che aveva lo stesso cognome del collaboratore di giustizia Antonio Mancini”.

Quest’ultimo, invece, ha 75 anni ed è ancora vivo: stamattina si starà godendo  la notizia della sua morte scampata con un calice in mano.

Per dirla con Humprey Bogart: “Ora voglio fare un brindisi, se permettete. Lunga vita al crimine.

Simona Tenentini

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