ROMA – Seriale e recidivo. Simone Borgese, il 39enne arrestato per violenza sessuale aggravata dalla polizia con l’accusa di aver abusato di una studentessa l’8 maggio scorso nella Capitale, aveva già colpito nel 2015. Dopo la condanna a sette anni e mezzo per lo stupro della tassista, Borgese dichiarò di essere pentito. Tuttavia, quando le sue foto divennero pubbliche, una 17enne lo riconobbe come l’autore di un’altra molestia sessuale avvenuta in un ascensore nel 2014, per cui l’uomo è stato condannato a 2 anni e 10 mesi.
“Due delle violenze, sono avvenute sempre lo stesso giorno e ciò denota un evidente ritualismo, una sorta di cosiddetta “firma” ossia una componente unica e originale del suo comportamento criminale. Il modus operandi ripetuto e stereotipato di Borgese ha inoltre caratteristiche simili a quelli di molti assassini seriali . Le violenze sono state compiute difatti in un intervallo emotivo (cooling-off time) tipico anche di molti serial killer.” Ad affermarlo la criminologa Tonia Bardellino.
“A volte la condotta violenta e perversa di Simone che sembra con buona probabilità un disturbo parafilico, denota una compromissione della capacita di avere un’attività sessuale reciprocamente affettuosa.
Si definisce parafilia ed è necessario a questo punto chiarirlo: un disturbo del comportamento sessuale, caratterizzato da un’intensa eccitazione e ricorrenti fantasie sessuali, anche verso chi non è consenziente, forti impulsi e comportamenti ritenuti devianti rispetto le normali modalità di eccitamento.
Anche le anomalie di personalità sono frequenti, e possono essere abbastanza gravi da motivare una diagnosi di disturbo di personalità simulando tuttavia una vita apparentemente normale proprio come accaduto a Borgese”.
Non è escluso che ci possano essere altre vittime dell’uomo, proseguono le indagini della procura di Roma.