Vittorio Sgarbi racconta la sua “Natività” e il ritorno della malattia

Nuovo libro sul dono della vita attraverso le opere dei grandi artisti

ROMA – Il dono della vita nel nuovo libro di Vittorio Sgarbi, “Natività. Madre e Figlio nell’arte”. Viaggio da un punto di vista inedito, quello della Natività, secondo il critico: “L’atto più divino che l’essere umano può compiere”.

Tra pittura, scultura, ma anche cinema e letteratura, questo racconto, infine, lascia intravedere i mille, labirintici volti della femminilità, quali solo la grande arte può rappresentare.

“La Natività è il principio di tutto. La sua sintesi è nella immagine della Madre che tiene in braccio il Bambino: essa non mostra il potere di Dio ma la semplicità degli affetti”.

Racconta Sgarbi, che dalle pagine del Corriere della sera parla di questa nuova fatica che sta portando in giro per l’Italia, ma anche di quella della malattia e la recidiva del tumore.

Pare che io sia dimagrito e che quindi debba mangiare di più, e lei (la sorella) e la mia compagna Sabrina vengono a seguire i ritmi della mia giornata quotidiana. […] Prima il mio corpo non lo vedevo neanche, nel senso che non mi occupavo di lui. Adesso devo vedere se riesco a dormire bene, se riesco ad andare in bagno, ho un dialogo con il corpo che non avevo avuto mai. Interessante questo dialogo? Non troppo, era meglio prima. Preferivo essergli indifferente. In ogni caso mi tiene occupato sul piano dell’agibilità, della manutenzione.
Nel corso dell’intervista,  il critico d’arte ha ammesso di non pronunciare più il famoso “capra, capra, capra” nel suo vocabolario quotidiano, proprio perché non è più tempo di essere spensierati: “Non lo dico più, perché faceva parte del divertimento, del gioco che in questo momento non c’è. Ma comunque qualche volta lo penso”.