Sassari – Mentre l’Ucraina brucia, Akhmetov galleggia nel lusso: lo yacht da sogno del magnate ucraino ormeggiato in Sardegna è uno schiaffo alla guerra

SASSARI – 145 metri di silenziosa indecenza. È questa la lunghezza del superyacht Luminance, una reggia galleggiante avvistata nelle acque cristalline della Gallura, in Sardegna, precisamente l’isola di Tavolara.

A bordo? Una piscina, una sala cinema, sauna, palestra, elicotteri e un’armata di 48 persone di equipaggio pronte a servire i desideri di massimo 30 ospiti. Ma il dettaglio più stonato di questa cartolina da miliardari è il nome del suo proprietario: Rinat Akhmetov, l’uomo più ricco d’Ucraina.

 

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Sì, proprio mentre il suo Paese è sotto attacco, mentre famiglie ucraine vivono nei rifugi, tra blackout, bombardamenti e razionamenti, il “re dell’acciaio” solca i mari a bordo di una fortezza da sogno, battente bandiera delle Isole Cayman. Un oltraggio al pudore, alla dignità e alla tragedia che da più di due anni affligge l’Ucraina.

Dalla devastazione di Mariupol alla Dolce Vita mediterranea

Akhmetov non è un oligarca qualsiasi: è stato il padrone della famigerata acciaieria Azovstal, simbolo della resistenza ucraina durante l’assedio di Mariupol, e proprietario dello Shakhtar Donetsk. Un uomo che ha costruito il suo impero sull’industria pesante e sulla finanza ucraina, e che oggi vanta un patrimonio personale di 4 miliardi di dollari, secondo Forbes.

La guerra, a quanto pare, non ha rallentato di molto la sua vita di lusso. Mentre migliaia di soldati ucraini affrontano l’inferno del fronte, e milioni di civili sopravvivono tra lutti e distruzioni, lui si concede il Mediterraneo in versione super-lusso.

A fine maggio il suo Luminance è stato avvistato più volte al largo delle coste sarde. Sorrisi a bordo, champagne e panorama mozzafiato. Il contrasto con le immagini quotidiane dell’Ucraina martoriata è talmente stridente da far male agli occhi.

Un simbolo della distanza siderale tra élite e popolo

In un momento in cui il popolo ucraino chiede aiuto, in cui i rifugiati fanno appello alla solidarietà internazionale e la comunità globale raccoglie fondi per ospedali, generatori elettrici e scuole bombardate, la visione di questo yacht è un insulto. Un monolite scintillante che si staglia sul mare, metafora perfetta della distanza incolmabile tra chi conta i centesimi e chi conta i metri del proprio salotto galleggiante.

È giusto che un magnate si goda la propria ricchezza? Forse. Ma farlo in modo tanto ostentato, nel mezzo della peggiore crisi umanitaria vissuta dal suo stesso Paese da decenni, è un esercizio di cinismo che nessuna libertà personale può giustificare.

Una domanda inevitabile: e se con quei soldi…?

Cosa potrebbe fare Rinat Akhmetov con il costo di gestione annuale del suo yacht? Supportare migliaia di veterani ucraini, finanziare ospedali da campo, ricostruire case distrutte, sostenere vedove e orfani della guerra. E invece, si scelgono elicotteri e cene a cinque stelle, mentre altrove si combatte anche solo per un pasto caldo o per l’elettricità.

L’Ucraina ha bisogno di esempi, non di scandali galleggianti. Ha bisogno di leader che si sporchino le mani, non che si abbronzino sui ponti di yacht che costano quanto interi quartieri da ricostruire. Perché a volte, anche il silenzio dorato di un motore che scivola sull’acqua, può fare più rumore di un’esplosione.