Panico nel centrodestra. L´ultimo (segretissimo) sondaggio dice che sui collegi uninominali sarà un trionfo del Movimento 5 Stelle
ROMA – Sembrava troppo bello per essere vero. Annunci sempre più clamorosi sulla vittoria del centrodestra sembra aver spaventato gli elettori della nostra Regione. Sulla carta del sondaggista, un solo seggio può essere nel mirino della coalizione ed è quello del collegio della Camera a Viterbo e vede Mauro Rotelli sopravanzare l´ex ministro Giuseppe Fioroni di un punto di percentuale. Su tutti gli altri, almeno dal sondaggio, si tratta di una vera e propria debacle.
Troppo forte il vento del Movimento 5 Stelle che, non solo non sono stati scalfiti dalle polemiche, ma le “cacciate” senza se e senza ma dei bugiardi indagati hanno finito per rafforzarli ulteriormente.
Basti pensare che anche il collegio di Civitavecchia dove a correre è una persona perbene, qualificata e molto preparata dal punto di vista politico, Alessandro Battilocchio, il divario su Mastrandrea dei 5 Stelle si è così accorciato da mettere a repentaglio un seggio ritenuto fino a qualche giorno fa BLINDATO.
Il quotidiano Il Tempo di ieri ha pubblicato i nomi di quelli che saranno sicuramente eletti, quindi, siete ancora in tempo a cambiare idea.
Sulle Regionali, la confusione è ancora più forte. Anche in questo caso si vede come la campagna elettorale multimilionaria di Nicola Zingaretti non abbia giovato gran che e, nonostante un centrodestra notoriamente diviso, anche in questo caso la Lombardi potrebbe giocare un brutto scherzetto al PD.
Staremo a vedere.
Le elezioni non si sono ancora tenute, ma i primi verdetti, si possono già emettere. Sono infatti quasi cinquecento (per l’esattezza 444) i deputati e senatori della diciassettesima legislatura che non faranno parte della diciottesima, la prossima, per il semplice motivo che non sono stati ricandidati.
Ora se è vero che la ricandidatura non significa automaticamente rielezione, la non ricandidatura è certamente, per ora, definitiva. I nomi, in qualche caso, sono pure eclatanti, ma conviene intanto soffermarci sui numeri che possono aiutarci a descrivere fenomeni che saranno più leggibili, dopo il 5 marzo.
Vediamo cioè quali sono i partiti che hanno «rinnovato» di più la propria proposta politica e quelli più «conservatori»: naturalmente questo dato è influenzato dalle oggettive previsioni che già si possono effettuare sulla base della novità della legge e dell’assenza del premio di maggioranza.
Il Pd ad esempio vedrà certamente falcidiata la propria presenza parlamentare – a prescindere da successo o in- successo nelle urne – per il semplice motivo che il dato degli uscenti è influenzato dalla vittoria del premio di maggioranza alla camera nel- le passate elezioni.
Premio che oggi non esiste più. Vediamo dunque nel dettaglio, perché i numeri qualche sorpresa la riservano. Con la premessa che, nel caso dei partiti-gruppi parlamentari uscenti più piccoli, la non ricandidatura equivale spesso non a una scelta di «rinnovamento», ma piuttosto alla prematura scomparsa…
C’è poi la vicenda Cinque Stelle: i deputati e senatori uscenti sono tutti alla prima legislatura e per regolamento interno non possono fare più di due legislature. Eppure un certo tasso di «ricambio» c’è stato nella composizione delle liste: un secondo ricambio avverrà dopo le proclamazioni, visto che è già nutrita la pattuglia di espulsi che andranno (caso unico nella storia) già in partenza a costituire il primo manipolo del gruppo misto. Gli uscenti ricandidati dei grillini raggiungono la percentuale più alta: sono infatti il 77,4%.
Nella classifica delle ricandidature degli uscenti segue la Lega, che ripropone il 66,7% dei parlamentari della legislatura in scadenza. Anche Forza Italia è stata generosa con l’esperienza (e questo stride un po’ con le consuete promesse di rinnovamento nelle liste) perché ben il 63,6% degli uscenti è stato ricandidato (e la stragrande maggioranza di questi, sostengono gli esperti, con ottime possibilità di rielezione).
Peraltro nel caso di Forza Italia ritornano in auge anche deputati e senatori delle legislature precedenti. Il Partito democratico ricandida invece poco più della metà degli uscenti (il 58,2%). Pure i nuovi partiti come Leu (la lista capitanata da Grasso e Boldrini) hanno fatto una buona infornata di parlamentari della diciassettesima, ricandidando il 59% di deputati e senatori scissionisti.
Il dato dell’Udc è invece sorprendente per il tasso di riconferme (si arriva all’80%): vabbé che erano pochi ma chapeau a Cesa che ha tutelato tutta la sua nomenclatura. Vedremo solo il 5 marzo se questo lo premierà anche nelle urne.
Anche Fitto è riuscito a ricandidare una buona parte dei suoi uscenti (il 53%). È andata meno bene invece a quei partiti e gruppi che hanno, più o meno, sostenuto Renzi: gli uscenti disseminati in due tre gruppi parlamentari frutto della diaspora di Scelta Civica hanno un tasso di ricandidatura del 29%, mentre Ap arriva a superare il 40% (ma in questo caso fra quelli a sostegno del centro-sinistra e quelli rientrati all’ovile del centro-destra). Falcidiato invece il gruppo Ala di Verdini che vede un tasso di ricandidature del 9% (sono, anche in questo caso, quelli rientrati con il centro-destra).
Nel prossimo parlamento dunque non siederanno due dei tre coordinatori del Pdl: Denis Verdini e Sandro Bondi, né il suo primo segretario politico, nonché ex ministro sia con il centro-destra che con il centro-sinistra (Angelino Alfano) né alcuni suoi ministri come Giulio Tremonti, il cui rinascimento sgarbiano si è fermato ai cancelli di Arcore. Non è andata meglio agli ex portavoce di Forza Italia e di Berlusconi: abbandoneranno il parlamento infatti anche Paolo Bonaiuti, e Daniele Capezzone. A proposito di ex ministri non ricandidati spiccano anche i casi di Rocco Buttiglione, Anna Finocchiaro, Rosy Bindi. Abbandona anche il Parlamento il leggendario presidente del gruppo misto Pino Pisicchio (che molto aiutò da capogruppo le maggioranze di questa legislatura…): con la sua «dipartita» la famiglia Pisicchio abbandona le aule parlamentari dopo 50 anni di onorato servizio. Il padre, Natale, fu deputato dal 1968 al 1987. Il figlio, Pino appunto, è stato eletto nel 1987, nel 1992 ed – ininterrottamente – dal 2001 al 2013. Il nuovo che avanza.