ROMA – Gli ultimi sviluppi sulla vicenda delle mascherine fantasma alla regione Lazio hanno ancora una volta similitudine con un film del grande Totò.
Dopo la vendita della Fontana di Trevi in Totò Truffa, in cui molti hanno visto analogie con l’atteggiamento della Eco.Tech. nei confronti della Regione, l’ultima puntata del mascherinagate non può non far venire in mente una scena di un altro capolavoro del Principe della Risata, vale a dire Totò Peppino e la Malafemmina.
Ricordate i fratelli Capone che annaspano per recuperare le famose 700 mila lire?
Oggi, la Regione Lazio ha diffuso la seguente nota:
”In data 11 maggio con due distinti bonifici, rispettivamente della Exor Sa e della Ecotech Srl, la Regione Lazio ha ricevuto la restituzione di 1 mln e 746mila euro (746 mila euro Ecotech; 1 mln Exor) pari ad una parte dell’anticipo versato dalla Protezione civile del Lazio per l’acquisto di mascherine, mai totalmente concretizzatosi. La Ecotech srl ha inoltre presentato alla Regione Lazio un piano per la restituzione totale della somma anticipata, pari a 13.520.000 euro, da realizzarsi nelle prossime settimane. Nel dettaglio, al netto delle somme già versate, il piano prevede entro il 22 maggio la restituzione di 3mln 530mila euro da parte di Exor; entro fine maggio 4mln 740mila euro da Giosar; 3 mln 504mila frutto della vendita di dispositivi di protezione individuali”.
Il goffo comunicato dell’ufficio stampa della Regione (che dall’inizio della vicenda ha collezionato una serie incredibile di brutte figure) fa tornare in mente la mitica scena del film di Camillo Mastrocinque in cui i fratelli Capone si danno da fare per recuperare una somma di denaro congrua per convincere la bella Marisa a lasciare il loro nipote Gianni.
Insieme al denaro, Totò e Peppino lasciano alla ragazza una lettera in cui specificano:
“Scusate se sono poche, ma settecentomila lire ci fanno specie che quest’anno, una parola, c’è stato una grande moria delle vacche come voi ben sapete.”
Certo, fa sorridere sapere che dopo due mesi la Regione rientra di un decimo della somma versata in anticipo. E non sono chiari i motivi per cui bisogna sottostare ad un piano di rientro di un’azienda che ha provocato, alla Regione Lazio, agli operatori sanitari e a tutta la popolazione, un danno enorme.
Da circa 15 giorni sono scaduti i termini per la riconsegna dell’anticipo, perché i Zinga Boys non incassano la polizza mostrata il 20 aprile in commissione dal Vicepresidente Leodori?
C’è, comunque, un altro aspetto sconcertante nella vicenda. La somma che la Eco.Tech restituirà verrà messa in piedi attraverso “il frutto della vendita di dispositivi di protezione individuali”.
Quali dispositivi venderà la ditta di lampadine che non ha mai avuto contatti con materiale di questo tipo?
Dove ha reperito i materiali da vendere?
Li ha acquistati con l’anticipo della regione e ora li vende (magari lucrando) a privati?
Bel modo di utilizzare le risorse pubbliche. Procura, Corte dei Conti e Anac intervengano su questo ulteriore lato oscuro del mascherinagate. Le risorse pubbliche non possono essere utilizzate per soddisfare le esigenze di spregiudicati personaggi.
NOVECENTO