Montefiascone – Morte Aurora, la perizia del patologo farà discutere. Accertata la carenza di esami al Pronto Soccorso

Nelle oltre 100 pagine prodotte dal medico legale non emerge, in modo chiaro, la causa del decesso della 16enne né se fosse stato possibile salvarla. In esclusiva le prime indiscrezioni

MONTEFIASCONE – Secondo il medico che ha effettuato l’autopsia sul corpo di Aurora Grazini, la 16enne di Montefiascone deceduta lo scorso 15 febbraio, la morte sarebbe sopraggiunta per una serie di fattori concomitanti.

Tosse, debilitazione, mancanza di vitamine avrebbero minato, in modo irreversibile, secondo chi ha scritto quella relazione, il fisico della giovane ragazza.

Ciò non toglie, sempre secondo il perito, le gravi negligenze da parte di chi avrebbe dovuto effettuare una serie di accertamenti e che invece ha omesso in modo colpevole e irresponsabile.

Ricostruiamo quegli ultimi attimi di vita di Aurora. Soffre di una tosse persistente e fastidiosa. Febbre e mal di gola. Un dolore alla gola che le impedisce persino di deglutire. Di li a poco scoppierà la pandemia del Coronavirus. Avesse avuto questi sintomi a marzo o aprile, probabilmente avrebbero avuto più attenzioni per lei. Ma andiamo avanti.

A cavallo della notte di San Valentino le condizioni peggiorano e la famiglia chiama il 118.

Sul posto, cioè nella casa dove abita con i genitori e la sorella arriva un’autoambulanza e i sanitari decidono di trasportarla a Belcolle per ricevere cure più efficaci. L’infermiera a bordo del mezzo scrive i sintomi descritti per voce della stessa ragazza e suggerisce una serie di accertamenti.

La ragazza arriva al pronto soccorso. Piange perché debilitata e preoccupata per il suo stato di salute che la sta tenendo lontana da scuola da diverse settimane. Il medico responsabile del Pronto Soccorso, Daniele Angelini, come giustamente sottolineato anche dal medico legale che ha effettuato l’autopsia, non effettua esami fondamentali quali l’elettrocardiogramma, analisi del sangue e controlli alle vie respiratorie attraverso banali radiografie.

La ragazza viene quindi dimessa dopo qualche ora con la semplice prescrizione di una visita dallo psicologo prenotata a distanza di qualche giorno.

Fa ritorno a casa ma le sue condizioni peggiorano e all’alba del 15 febbraio il suo cuore ha smesso di battere.

Inutili i tentativi di rianimarla. Secondo alcune indiscrezioni, gli esami tossicologici avrebbero escluso qualsiasi presenza nel sangue di medicinali, droghe o sostanze potenzialmente nocive. Niente di niente.

Già questa la prima incongruenza che si palesa in questa perizia. Non c’è traccia dell’En, la benzodiazepina con funzioni ansiolitiche, che le è stata somministrata prima di dimetterla (si parla di 15 gocce).

Come è possibile che di quel medicinale che si somministra alle persone ansiose o depresse non sia stata trovata alcuna traccia nel sangue?

Molto probabilmente perché, il fegato e i reni, l’avevano già abbondantemente smaltita. Su questo però sarà la difesa, in fase dibattimentale, a sottolineare che al Pronto Soccorso di Viterbo, oltre a non essere state effettuate analisi ematochimiche, approfondimenti clinici è stata mandata a casa.

Adesso quel medico colpevolmente negligente (almeno così sembra emergere dalla perizia), Daniele Angelini, a Belcolle non ci lavora più. Ha vinto un concorso (sul quale ci sarebbe molto da scrivere) ed è diventato primario del pronto soccorso dell’Ospedale Civile di Tarquinia.

Dovrà difendersi da accuse molto pesanti. E’ l’unico, al momento, iscritto sul registro degli indagati, con l’accusa di omicidio colposo, dalla Procura della Repubblica di Viterbo nella persona del sostituto procuratore, dottoressa Eliana Dolce, che sta seguendo le indagini.

Nella perizia, altra cosa abbastanza anomala, si lascia intendere, in modo sottile, che anche nel caso fossero state effettuate tutte le analisi del caso, quel peggioramento probabilmente ci sarebbe stato ugualmente.

Il patologo però non dice se e come poteva essere salvata la ragazza. Bastava una dose massiccia di antibiotici? Andava alimentata per vena e rimessa in forze? Andava curata come se fosse affetta da una malattia respiratoria grave?

Insomma, su questa perizia ci sono ancora tanti lati oscuri da chiarire. Certo è che anche il medico che ha effettuato l’esame autoptico, ha evidenziato le lacune emerse in fase di triage dove nessuno ha preso sul serio la sintomatologia della giovane Aurora che, di lì a poco, avrebbe lasciato per sempre nel dolore la famiglia.

– Segue