Fari puntati sul ruolo di Raffaello Giacchetti (chi aveva interesse a tenerlo sotto controllo e perché?) e della Hergo Renewables (della galassia gruppo Eni ha pagato fatture all’agenzia Equalize per 117mila euro) che hanno fatto investimenti multimilionari sul territorio. Da Eni a Barilla, da Erg a Heineken: decine di grandi aziende hanno pagato la società di intelligence
MILANO – La recente inchiesta della Procura di Milano su Equalize, l’agenzia investigativa diretta dall’ex poliziotto Carmine Gallo e dal presidente di Fondazione Fiera Milano Enrico Pazzali, ha portato alla luce un sistema di spionaggio aziendale che coinvolge numerose realtà di rilievo, tra cui colossi dell’energia rinnovabile.
In questa rete intricata, che conta tra i suoi clienti figure di spicco nel settore dell’energia, emergono anche tre imprenditori della Tuscia, a testimonianza dell’interesse specifico per l’area e della rilevanza strategica delle energie rinnovabili in Italia.
Secondo le indagini, Equalize avrebbe utilizzato metodi non convenzionali, spingendosi a oltrepassare i limiti legali: dall’accesso abusivo a database all’uso di software di intercettazione, per soddisfare le esigenze dei clienti, incluse aziende insospettabili.
La posizione dell’azienda milanese, nel cuore di via Pattari, evidenzia il suo inserimento in un contesto di alto livello, in cui le esigenze di controllo e raccolta di informazioni sono state sfruttate e, in molti casi, camuffate.
Almeno 51 persone sono state indagate, tra cui i vertici di Equalize, come Gallo e Pazzali, nonché collaboratori come l’hacker Samuele Calamucci, intercettato mentre esprimeva soddisfazione per una clientela di primo piano.
Il caso Equalize e le energie rinnovabili
Tra le realtà menzionate nelle carte dell’indagine spiccano i nomi di importanti aziende italiane del settore energetico, come Eni ed Erg. Quest’ultima, gruppo di origini genovesi leader nelle energie rinnovabili, non risulta coinvolta nelle indagini ma avrebbe investito 117.500 euro per monitorare alcuni suoi collaboratori, sospettati di fare trading online sfruttando informazioni riservate (price sensitive).
Equalize, per questa operazione, avrebbe installato software di intercettazione sui dispositivi dei dipendenti, intercettando comunicazioni private come chat e messaggi su WhatsApp. Queste pratiche, considerate dagli inquirenti come intercettazioni abusive, evidenziano il clima di tensione e controllo che circonda il settore delle energie rinnovabili, in cui la concorrenza e l’accesso a informazioni strategiche possono essere decisivi.
Eni, altra società citata nei documenti, avrebbe invece pagato circa 377mila euro per ottenere dossier su soggetti con cui ha rapporti complessi, come l’imprenditore Francesco Mazzagatti, con il quale è in causa. Anche se la società ha affermato di non essere a conoscenza di pratiche illecite condotte da Equalize, gli inquirenti hanno disposto perquisizioni negli uffici del direttore degli affari legali, Stefano Speroni, indagato per concorso in accesso abusivo a sistema informatico. Il caso rappresenta quindi una nuova ombra sul settore dell’intelligence aziendale, che, in questo caso, avrebbe travalicato il limite tra legittimo monitoraggio e spionaggio industriale.
La Tuscia e il dossieraggio: focus su Raffaello Giacchetti
L’indagine ha coinvolto anche la provincia di Viterbo, dove tre imprenditori sono stati monitorati per ragioni ancora da chiarire. Tra questi, la figura più nota è quella di Raffaello Giacchetti, CEO di CFR, un’importante azienda nel campo del fotovoltaico. Originario di Tarquinia da tempo vive in una lussuosa villa a Montalto di Castro.
Giacchetti è anche responsabile degli investimenti in energie rinnovabili per il fondo americano Plentium Capital e presidente del GIS (Gruppo Impianti Solari), associazione che gestisce una trentina di impianti solari nella Tuscia e titolare della OMNIA di Montalto di Castro. Questo ruolo strategico ha reso Giacchetti un personaggio di interesse per Equalize, spingendo la società a monitorare le sue attività.
La notizia di essere stato oggetto di sorveglianza, però, ha colto di sorpresa lo stesso imprenditore, che ha dichiarato di aver appreso del dossieraggio solo grazie a un amico che gli ha girato il nostro articolo.
L’interesse per Giacchetti potrebbe derivare dalla rilevanza della Tuscia nel panorama delle energie rinnovabili.
La zona è infatti oggetto di molteplici investimenti in impianti fotovoltaici e rappresenta un nodo strategico per chi è coinvolto nello sviluppo e nella gestione di energie pulite. Di conseguenza, anche informazioni apparentemente secondarie potrebbero rivelarsi cruciali per comprendere movimenti e relazioni interne del settore. Non solo Eni ma anche Terna e grandi fondi hanno fatto investimenti impressionanti trasformando la Maremma laziale e gran parte della Tuscia un grande specchio di pannelli fotovoltaici raffreddati da un numero sempre più elevato di pale eoliche che hanno distrutto paesaggi, colture e cambiato l’ecosistema animale.
Altri nomi nella Tuscia: Gianluca Casadidio e Mirco Gilioli
Accanto a Giacchetti, emergono altri nomi locali, come quello di Gianluca Casadidio, titolare di una palestra a Montalto di Castro, e Mirco Gilioli, ex presidente del consiglio di amministrazione de La Linea Verde. La richiesta di monitorare Casadidio, datata 20 aprile 2023, rimane tuttora oscura: sarebbe partita da Hergo Renewables, una multinazionale del fotovoltaico, ma le motivazioni non sono state chiarite, lasciando perplesso lo stesso Casadidio, che ha dichiarato di non avere idea del perché la sua attività sportiva possa essere di interesse per un’azienda energetica.
Le implicazioni per il settore delle energie rinnovabili
Il caso Equalize e le sue ramificazioni nella Tuscia sollevano interrogativi più ampi sul ruolo della sorveglianza e della gestione dei dati sensibili nel settore energetico. La competizione nelle energie rinnovabili è in costante crescita, alimentata dagli investimenti pubblici e privati che mirano a ridurre le emissioni e accelerare la transizione ecologica. In questo contesto, il valore delle informazioni sui concorrenti diventa elevato, e i confini tra monitoraggio lecito e spionaggio illegale si fanno sempre più labili. La vicenda mostra come anche figure locali, attive in territori apparentemente periferici, possano finire nel mirino di operazioni di intelligence non autorizzate, in quanto tasselli di un puzzle ben più ampio che interessa multinazionali e investitori globali.
Da un lato, il caso fa emergere la necessità di maggiori regolamentazioni e tutele per i professionisti del settore delle rinnovabili, che potrebbero essere inconsapevolmente esposti a rischi di violazioni della privacy. Dall’altro, offre uno spunto di riflessione sulla gestione delle informazioni sensibili in un ambito in cui la tecnologia è diventata sia una risorsa per la sicurezza che uno strumento di controllo potenzialmente abusivo.
Sui mega parchi fotovoltaici nella Tuscia la Dda ha deciso di indagare fino in fondo
La Procura, nel frattempo, prosegue le indagini per fare luce su ogni dettaglio di questa rete di spionaggio, mentre l’eco della vicenda si estende, portando in primo piano il ruolo delle energie rinnovabili e delle risorse territoriali come la Tuscia in un quadro sempre più complesso di sorveglianza e concorrenza internazionale.
Proprio per questo la Procura Distrettuale Antimafia ha spacchettato l’inchiesta e aperto indagini specifiche per fare luce sul grande interesse per la Tuscia dove ottenere un permesso per posizionare pannelli fotovoltaici, nonostante si sia superato l’indice nazionale, continua ad essere facile come ordinare un caffè al bar.