La plastica fusa ha prodotto una reazione a catena con gli appartamenti sottostanti. Dopo appena 30 minuti l’ala nord-est era avvolta dalle fiamme
MONTALTO DI CASTRO – Qualcuno dovrà spiegare come sia stato possibile che dalle 20 di giovedì, momento in cui l’incendio inizia a prendere vita, fino a quasi le 21, nessuno è stato in grado di intervenire sul posto con mezzi adeguati e spegnere quel focolaio che sembrava essere innocuo e che invece si è mangiato un’intera ala del Residence Margherita.
La Madonna dello Speronello, che alla Marina è venerata (a ragion veduta) ha fatto due miracoli. Il primo perché, da quell’inferno di fuoco e fiamme, le persone e i dipendenti sono uscite indenni dalla struttura.
Il secondo, paradossalmente ancor più grande, ha difeso una delle poche pinete marine rimaste ancora in piedi all’interno di un agglomerato urbano e dove si trova la “sua” chiesetta all’aperto dove ogni fine settimana si celebrano funzioni religiose e la sera di Ferragosto parte in processione la Stella del Mare.
Una improvvisa bonaccia ha fatto sì che la cenere incandescente salisse in alto per decine e decine di metri ma ricadesse su se stessa. Bastava una leggerissima brezza marina e il disastro sarebbe stato totale.
Le fiamme si sarebbero propagate dal balcone della camera 306 del terzo piano della struttura, poco dopo le 20. In una manciata di minuti sono avanzate in ogni angolo, interessando gli altri appartamenti. Cinquantanove gli ospiti all’interno, che sono stati subito evacuati. Una donna con problemi motori è stata tratta in salvo dagli stessi villeggianti.
Oggi, facendo un po’ di rassegna stampa, leggiamo ad un resoconto, quasi una sorta di gara tra chi è stato più bravo a fare questo piuttosto che quello.
Eravamo sul posto, abbiamo ripreso in diretta le scene più drammatiche di quell’incendio e, credeteci, gli unici con un tubo dell’acqua in mano, per oltre mezz’ora, abbiamo visto i titolari del vicino campeggio e i gestori dei campi da tennis prospicienti la struttura.
La verità è che d’estate occorre un presidio dei vigili del fuoco anche a Montalto di Castro così come è stato fatto nella vicina città di Tarquinia. Solo loro potevano evitare quello che è accaduto se non fossero stati lontani decine e decine di chilometri dal luogo della terribile combustione.
Detto questo e sapendo che la Procura di Civitavecchia sarà in grado di ricostruire tutti quei terribili minuti, tanti si interrogano su cosa abbia potuto scatenare quell’inferno di fiamme.
In un primissimo momento si era diffusa la poco credibile storiella del barbecue acceso all’ultimo piano. Poi, dalle prime immagini disponibili girate dal campo da tennis si vede come quel focolaio, l’innesco di quello che sarà poi ricordato come il più grande incendio della storia urbana di questa frazione marina, sembrava provenire da un motore dell’aria condizionata.
A distanza di ore, rivedendo più volte quel video, si distinguono molto bene persone correre avanti e indietro dagli appartamenti adiacenti.
Quelli sono i testimoni oculari che hanno raccontato o potranno raccontare la loro versione sicuramente la più attendibile di ogni altra.
Prima di illustrare le indiscrezioni da noi raccolte dobbiamo spiegare che questo residence è composto da miniappartamenti dove chi soggiorna ha a disposizione tutti i servizi compresa la cucina.
Appartamenti a soli trenta metri dalla spiaggia con tutti i comfort. Come in un condominio, anche in questo residence i locatari devono occuparsi della raccolta differenziata dei rifiuti.
Ogni appartamento è dotato di mastelli pattumiera per raccogliere sia il rifiuto umido che indifferenziato.
Che c’entra adesso tutto ciò con l’incendio vi domanderete voi? Semplice. Abbiamo raccolto testimonianze, sufficientemente attendibili, di alcuni testimoni oculari che avrebbero dichiarato di aver visto il mastello più grande, quello utilizzato per i rifiuti indifferenziati prendere fuoco. La plastica fusa ha iniziato a colare in fiamme negli appartamenti sottostanti innescando una reazione a catena non più governabile.
Quel secchio di plastica è diventato un liquido catramoso che ha fatto divorare la struttura, o meglio l’intera ala nord-est, in poco meno di un’ora. Già, perché quando sono arrivati i soccorsi, quelli veri, anche se le fiamme fossero ancora vigorose, avevano perso l’impeto di quelle da noi filmate nell’immediatezza dell’evento.
Chi occupava la camera 306 probabilmente, ma saranno gli inquirenti a doverlo ricostruire, avrebbe sversato il contenuto del posacenere nel secchio convinto che le cicche fossero spente.
La catena di eventi non si ferma qui. Se chi abitava quell’appartamento fosse rimasto a cena sul terrazzo avrebbe risolto tutto con un bicchiere d’acqua. Invece, il destino ha voluto che quelle persone uscissero per andare a cena fuori.
Per il resto sono le immagini e fotografie a parlare.
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