“Vogliono portare le scorie nucleari in Sardegna”. Pili (Unidos) e il sindaco di Ottana lanciano l’allarme

Nucleare: grandi manovre ferragostane. Il deputato Mauro Pili e Franco Saba, sindaco di Ottana (Nuoro), invitano tutti i sindaci e i consiglieri comunali della Sardegna a mobilitarsi, approvando una delibera contro l’ipotesi di realizzare il deposito nazionale delle scorie nucleari nell’isola

Pili (Unidos) attacca: “solo un criminale, cialtrone, può pensare che il deposito di scorie nucleari porterà occupazione. Il deposito devasterà la Sardegna, distruggendo il potenziale turistico dell’isola”

(L’Unione Sarda.it) – “Per il Deposito unico nucleare il governo punta ancora una volta sulla Sardegna”.

L’allarme è del deputato di “Unidos” Mauro Pili, che ha presentato al ministero dell’Ambiente l’opposizione al Programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi, che in questi giorni è sottoposto alla Valutazione ambientale strategica (Vas) che si concluderà il 13 settembre.

“Non scrivono mai il nome – denuncia Pili – ma la procedura, incentrata sulla guida tecnica dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), porta dritti all’Isola”.

Nel piano dell’Ispra, spiega il deputato, “ci sono carte e mappe che indicano rischi e pericoli e, in sintesi, affermano che la Sardegna sarebbe la terra più sicura per le scorie nucleari”.

Pili ha anche inviato a tutti i sindaci sardi uno schema di delibera di consiglio comunale da approvare e trasmettere entro il 13 settembre al ministero. “Occorre una mobilitazione straordinaria perché questo passaggio ufficiale sia bloccato sul nascere, e se la Regione continuerà a dormire dovranno essere i sardi a far sentire, anche attraverso i loro consigli comunali, la propria voce, forte e contraria”.

 

IL DEPOSITO UNICO – In Italia ci sono una ventina di siti in cui vengono depositati i rifiuti radioattivi. Con decreto del 2010 il governo Berlusconi individua l’iter per la scelta di un deposito unico, cosa che esiste nella gran parte dei Paesi europei e che consente di smaltire in sicurezza i rifiuti di questo tipo. Si tratterebbe di un sito da 150 ettari, 110 per il deposito nazionale, 40 per il parco tecnologico, nel quale saranno avviate attività di ricerca sulle nuove metodologie di gestione dei rifiuti radioattivi. Il deposito costerà 1,5 miliardi di euro e ospiterà 75mila metri cubi di rifiuti a bassa e media radioattività, che dovrebbe scendere a valori minimi e trascurabili entro 300 anni. Di questi, 56mila derivano dall’esercizio e lo smantellamento degli impianti nucleari, 19mila dai settori della medicina nucleare e dell’industria. Ci saranno intolre 15mila metri cubi di rifiuti ad alta radioattività.

 

L’ITER PER LA SCELTA – La scelta del deposito avviene in tre fasi: prima la Sogin, società pubblica, seleziona una serie di aree “potenzialmente idonee”; quindi, tra le aree scelte, vengono selezionati alcuni siti da sottoporre a indagini più dettagliate. E, infine, la terza e ultima fase che porta alla scelta del sito. Stando al cronoprogramma dell’Ispra, i lavori per la costruzione del deposito dovrebbero iniziare nel 2019 e andare avanti per 5 anni. Nel 2025 il sito dovrebbe essere operativo.

 

IL GIALLO DEL CNAPI – La Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) è pronta da luglio 2015. E tuttavia, in barba alla trasparenza del procedimento millantata sul sito del Deposito nazionale unico, ancora non è stata resa nota. Che sia stato fatto per non allarmare i territori o per non perdere voti, poco conta. L’auspicio è che l’elenco delle aree sia reso pubblico a settembre, una volta finita la Vas.

 

IL PRECEDENTE – Nel 2003 ci prova Silvio Berlusconi con un decreto a piazzare il deposito nazionale a Scanzano (Matera), in Basilicata. A fermare il progetto è l’imponente sollevazione popolare di cittadini, sindaci e politici locali, che arrivano anche a bloccare strade e ferrovie. Ai tempi la scelta non è per niente concertata, e anzi arriva come un fulmine a ciel sereno sulla testa dei cittadini lucani.