Il Garante dei detenuti, Anastasìa: “Ogni caso di suicidio va indagato ed elaborato, per capire come sia maturato e che altro avrebbe potuto essere fatto per prevenirlo”
ROMA – “Ancora un morto in carcere, questa notte a Regina Coeli. Ancora una volta uno straniero (afghano), sempre con la solita bomboletta. Sappiamo bene che i suicidi in carcere non si possono completamente evitare, come fuori e più di fuori. E sappiamo che ministero della Giustizia e regioni si sono impegnati per piani di prevenzione ad ogni livello e in ogni istituto. Quindi, non si può lamentare l’inazione, e tantomeno la sottovalutazione. Né ci piace il gioco del cerino, della ricerca della responsabilità ultima, di chi non ha intuito, non ha vigilato o non ha impedito”. Così il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Stefano Anastasìa, dopo avere appreso che nella quarta sezione del carcere romano di Regina Coeli un detenuto afgano è stato trovato morto nel bagno dai compagni di camera.
“Ogni caso di suicidio va indagato ed elaborato – prosegue Anastasìa -, per capire come sia maturato e che altro avrebbe potuto essere fatto per prevenirlo. Comprendeva la nostra lingua la persona che si è tolto la vita questa notte a Regina Coeli? Sapeva per quale motivo era in carcere e con quali prospettive? Era coinvolto in qualche attività? Aveva rapporti con i familiari o con altre persone care?”.
“E poi, quelle bombolette …: sono almeno quindici anni che si discute delle piastre elettriche per gli ‘angoli cottura’ delle camere detentive. Invece di costruire nuovi inutili padiglioni – conclude Anastasìa – per tenere in carcere autori di reati da niente, non era meglio usare i fondi del Pnrr per l’adeguamento degli istituti esistenti alla normativa di sicurezza e igienico-sanitaria vigente?”.