Il giovane congolese rimase vittima nell’incidente che coinvolse un Flixbus finito fuori strada nel modenese. All’origine dei ritardi, l’odissea burocratica con l’ambasciata italiana in Congo dei familiari di Junior per ottenere il visto e raggiungere l’Italia
PERUGIA – Finalmente, a più di cinque mesi dalla tragedia, potranno essere celebrati i funerali di Junior Kersaint Vindou Illumine (in foto), il giovane di origini congolesi di appena 18 anni (ne avrebbe compiuti 19 il 3 maggio), studente all’Università per Stranieri di Perugia, dove risiedeva.
Incolpevole vittima della sciagurata uscita di strada di un autobus della FlixBus a causa della perdita di controllo del mezzo da parte dell’autista occorsa la notte tra sabato 24 e domenica 25 marzo al km 174 dell’Autostrada 1, tra Modena Sud e Valsamoggia, nel territorio comunale di San Cesario sul Panaro (Mo).
Il pullman ha urtato più volte il guardrail e un pezzo della barriera ha infranto il finestrino e colpito a morte il giovanissimo passeggero, che era seduto in uno dei primi posti sulle file davanti, una fine orrenda.
Il diciottenne, che frequentava il primo anno del corso di laurea in Comunicazione internazionale pubblicitaria ed era l’orgoglio della sua famiglia, stava rientrando nel capoluogo umbro dopo un viaggio in Francia per fare visita ad alcuni parenti assieme a tre giovani zie, rimaste a loro volta ferite, anche loro studentesse all’ateneo perugino e con le quali condivideva l’alloggio.
Di qui dunque, data anche la grande vicinanza espressa da tutta la comunità studentesca e dalla città di Perugia, la volontà della famiglia di celebrarvi anche la cerimonia di commiato del figlio, che avrà luogo sabato 31 agosto 2024, alle ore 9.30, nel cimitero monumentale, e poi la salma sarà anche tumulata in un altro cimitero cittadino.
All’origine dell’enorme ritardo con cui si potrà dare l’estremo saluto allo sfortunato studente l’autentica odissea burocratica vissuta dai suoi genitori per poter giungere in Italia e partecipare alle esequie, con particolare riferimento all’ambasciata italiana in Congo che ha sede a Brazzaville e dista oltre 500 chilometri, ossia nove ore di viaggio, da dove risiede la famiglia del ragazzo, a Point Noire.
Il papà si era anche e fin da subito trasferito in un hotel di Brazzaville per seguire da vicino le pratiche pensando che avrebbero richiesto pochi giorni, invece ha presto dovuto rientrare nella sua città per continuare a lavorare a fronte delle innumerevoli lungaggini incontrate, e si è dunque affidato anche per questa impellente problematica a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, alla quale tutti i congiunti della vittima, attraverso l’Area Manager per l’Umbria Matteo Cesarini, si sono rivolti per essere assistiti nel procedimento per l’incidente e per ottenere giustizia, così come le zie rimaste ferite.
Ma nonostante Studio3A abbia fin da subito fatto presente l’urgenza e la particolarità della richiesta di visto, la possibilità di partecipare ai funerali di un figlio di soli 19 anni deceduto a causa di un incidente stradale, e abbia profuso ogni sforzo possibile sollecitandola a cadenza quasi giornaliera, “l’ambasciata ha gestito il caso come si trattasse di una istanza “normale” e anche peggio – lamenta il padre, Ghislain Blanchard Vindou, che finalmente questa settimana è potuto arrivare in Italia con la moglie e mamma di Junior Kersaint, Raphine Love Ofi, e due sorelle – Hanno richiesto la polizza sanitaria, persino la fideiussione bancaria e poi, tre mesi dopo, quando la cosa sembrava risolta, hanno preteso anche una lettera di invito da parte di un cittadino congolese regolarmente residente in Italia. Il tutto in un contesto di comunicazioni quasi impossibili, l’ambasciata non risponde mai per telefono e le riposte alle e-mail giungono dopo giorni. Alla fine c’è stato sì rilasciato un visto straordinario, ma ci sono voluti cinque mesi e sforzi inenarrabili”.
“In Italia abbiamo trovato tanto aiuto e sensibilità verso la nostra disgrazia, che però non hanno avuto altrettanto riscontro presso l’ambasciata italiana in Congo” prosegue il genitore, che tra le varie amarezze patite a causa di questo ritardo cita quella forse più pesante, “io e mia moglie non abbiamo potuto vedere nostro figlio per l’ultima volta: ormai la sua bara è chiusa e non si può più riaprirla. C’è stata preclusa anche la possibilità di un ultimo sguardo, un’ultima carezza”.