Solo il 20% di questo big killer è genetico, ma Italia ha centri avanguardia
“Viste le condizioni del malato– prosegue- non hanno certo pensato a terapie più significative, perchè ci vogliono centri avanzati, competenze multidisciplinari. Non conosco il contesto ma non credo che le strutture private come quella dove era ricoverato Messina Denaro abbiano le potenzialità, le competenze e il know how per trattare adeguatamente un paziente con questo tipo di neoplasia: ci vogliono centri per i tumori. In Italia abbiamo centri all’avanguardia e possiamo dire la nostra, sia sul fronte della ricerca che dell’attività clinica“.
Oggi, infatti, possiamo contare su molti trattamenti terapeutici per contrastare il tumore del colon retto, ma per il professor Annibale la prevenzione riveste un ruolo fondamentale. “Quando eseguiamo una colonscopia- dichiara- possiamo asportare immediatamente i polipi, che saranno poi analizzati, e questo è già un trattamento di prevenzione. Poi abbiamo la chirurgia avanzata, farmaci e un armamentario terapeutico elevatissimo. Siamo davvero in grado di arrivare a curare i pazienti in maniera significativa. Ribadisco, però, l’importanza di arrivare alla diagnosi precoce, perchè oggi una quota di pazienti con lesioni polipoidi o piatte nel colon può essere trattata per via endoscopica, addirittura risparmiando la chirurgia. Le possibilità e le potenzialità di trattamento sono, dunque, notevoli“.
Secondo l’esperto “le cause dell’incremento non sono ben chiare: per circa 80% si tratta di tumori sporadici, solo il 20% è rappresentato da tumori genetici o legati a malattie croniche infiammatorie intestinali. Il problema è che non abbiamo grandi idee sulle cause e in tutto il mondo occidentale viene fatto lo screening del cancro del colon proprio per il grande impatto sociale ed economico che riveste”.
“Prove certe non ne abbiamo– tiene a precisare Annibale- ma sotto la lente di ingrandimento ci sono l’alimentazione, legata alla modificazione del microbiota intestinale e a contaminanti alimentari, e la vita sedentaria. Tra i fattori di rischio vi sono infatti l’incremento del peso corporeo, l’obesità e il diabete”.
Il vero problema del tumore del colon retto è che è asintomatico e che i sintomi, quando fanno la propria comparsa, sono tardivi. “Un unico sintomo significativo– afferma il gastroenterologo- è l’emissione di sangue post evacuativo o di sangue con le feci. Altrimenti, sintomi come dolori addominali si riscontrano solo in quadri avanzati e tardivi. E questo, purtroppo, costituisce l’elemento più negativo di questo tumore che, nelle fasi iniziali, fino a quando non dà lesioni importanti, sostanzialmente non dà sintomi. Anche la carenza di ferro, la ferritina bassa, che può indurre a un sanguinamento cronico, è un segno che, però, spesso viene ignorato”.
A parte lo screening, che si fa in tutta Italia, la diagnosi avviene solo attraverso gli esami endoscopici. “Oggi– rende noto- abbiamo la possibilità di ricorrere alla colonscopia virtuale, che ha basse dosi di radiazioni, e che grazie a un software che ricostruisce il colon permette di vedere la presenza di polipi o lesioni. Ha però un limite, perché sotto i 5 millimetri può non vederli, anche se si tratta di un’ottima diagnostica che va implementata. Purtroppo – conclude il medico- nella pratica clinica post Covid cominciamo a osservare malattie tumorali avanzate proprio nelle persone che hanno ritardato una visita, che hanno avuto paura di andare in ospedale”.