Giuseppe Salvatore Riina, figlio del boss Totò Riina, in un podcast: “Mio padre serio e onesto”

Indignazione di politica e antimafia: “Non sentivamo il bisogno del suo parere, tribunale unico giudice”

Giuseppe Salvatore Riina, figlio del boss Totò Riina, nato nel 1977, quando il boss di Corleone era già latitante da otto anni, ‘Salvuccio’ è stato arrestato nel 2002 e condannato a una pena a otto anni e 10 mesi per associazione mafiosa (il fratello Giovanni è stato arrestato nel 1996 ed è stato condannato all’ergastolo). Dopo il carcere, ha fatto un periodo di sorveglianza speciale tra il Veneto e l’Abruzzo e nel 2023 è tornato a vivere a Corleone, intervistato a dagli speaker Gioacchino Gargano e Luca Ferrito, ha parlato di mafia, femminicidi e spaccio di crack a Palermo a Lo Sperone Podcast.
Nel corso dell’intervista Giuseppe Salvatore Riina ha voluto parlare in qualità di scrittore, ma anche di «testimone e storico» della storia del padre Totò Riina, che nel programma definisce come «una persona che ha sempre combattuto il sistema. Un uomo serio e onesto. Non l’ho mai visto compiere un atto di violenza o tornare a casa con una pistola in mano e sporco di sangue. È stato arrestato perché dava fastidio, così come a un certo punto hanno dato fastidio Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro, perché erano malati e non servivano più in quello stato a quelli che detenevano veramente il denaro della mafia».
 Parlando di sé stesso, Giuseppe Salvatore Riina si paragona ai bambini che vivono a Gaza «Perché come i piccoli palestinesi, da bambino ho vissuto sempre cose fossi in perenne emergenza. Anche se, quando dovevamo scappare da un rifugio all’altro con papà, per me era come una festa perché conoscevo posti nuovi e gente nuova. D’altra parte non mi è stato mai proibito di uscire di casa. Sono pure nato nella clinica Noto, la più famosa di Palermo, col nome e cognome di mio padre. E tutti lo sapevano».
 Parlando dei magistrati e dell’antimafia, Giuseppe Salvatore Riina sostiene: «Mi chiedono continuamente dove di trova il “tesoro” di mio padre. Io so solo che lo hanno arrestato quando avevo 14 anni e non parlava con me di queste cose. Quando l’hanno preso ero in sala giochi con mio fratello. Negli anni hanno fatto tanti sequestri a mio padre. Se chiedete all’intelligenza artificiale, sommerà almeno un miliardo di euro. Ma io non ne so nulla ed è inutile che me lo continuino a chiedere».
Nella stessa sala giochi Giuseppe Salvatore Riina si trovava il 23 maggio 1992, «Dove ho saputo della morte di Giovanni Falcone. I pentiti raccontano che lo ha fatto ammazzare mio padre per vendetta. Ma così dicono loro. C’era altra gente dietro. E ad ammazzare Giovanni Falcone, così come il piccolo Giuseppe di Matteo, in pratica è stato solo Giovanni Brusca, che poi è diventato pentito. Non mio padre Totò Riina».
 E ancora: «Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano due magistrati che sapevano cosa volevano e volevano lavorare. Nessuno dopo Falcone ha più utilizzato il suo metodo di indagine basato sul “seguire i soldi”»,
 E il futuro? Giuseppe Salvatore Riina ha anticipato che presto uscirà un suo secondo libro, dove racconterà il suo punto di vista sugli ultimi anni del mondo della mafia e dell’antimafia.

Dopo la messa in onda del podcast, esplode l’indignazione.

A commentare duramente, tra gli altri, le dichiarazioni rilasciate da Riina jr, è stato ieri il presidente della commissione regionale Antimafia, Antonello Cracolici: “Non sentivamo il bisogno di ascoltare le opinioni del figlio di Totò Riina, convinto di spiegarci che uomo buono era suo padre. Non offenda la nostra terra. Mi chiedo – ha continuato – che tipo di informazione sia quella che cerca di accreditare verità che sono state sconfessate dai tribunali in nome del popolo italiano”.