Vitorchiano – Le Trappiste festeggiano la Beata Maria Gabriella Sagheddu

Giovane di origini sarde, a 23 anni diventa suor Maria Gabriella, si ammala di tubercolosi e vive i restanti mesi della sua vita immersa nella preghiera di Gesù, morirà a soli 25 anni. Il suo corpo custodito dalle Trappiste

VITORCHIANO –  Domenica 14 aprile Vitorchiano ricorda la Beata Maria Gabriella dell’Unità con la tradizionale festa presso il Monastero delle Trappiste in località Pallone, dove è sepolta la religiosa di origine sarda beatificata nel 1983 da Papa Giovanni Paolo II. L’appuntamento è promosso dal gruppo spontaneo Beata Gabriella e inizia alle ore 10.00 con la Messa concelebrata dal parroco don Gualberto Pirri e accompagnata dai canti liturgici proposti dalle monache trappiste, alla presenza dei bambini della quarta elementare di catechismo. Al termine della celebrazione, benedizione e distribuzione delle rose della Beata Gabriella, esibizione della Banda Musicale Fedeli di Vitorchiano con le majorette e aperitivo per tutti. Per consentire la più ampia partecipazione alla Messa sarà allestito un maxischermo nella Cappella e l’audio sarà diffuso nel piazzale antistante.

Chi era la Beata Maria Gabriella dell’Unità

Maria Sagheddu (1914-1939) nacque a Dorgali, in Sardegna, da una famiglia di pastori.
Le testimonianze del periodo della sua infanzia e adolescenza ci parlano di un carattere ostinato, critico, contestatario, ribelle, ma con un forte senso del dovere, della fedeltà, dell’obbedienza pur dentro apparenze contraddittorie: “Obbediva brontolando, ma era docile”. “Diceva di no, tuttavia andava subito“, dicono di lei.
Ciò che tutti notarono fu il cambiamento che avvenne in lei a diciotto anni: a poco a poco si addolcì, scomparvero gli scatti d’ira, acquistò un profilo pensoso e austero, dolce e riservato; crebbero in lei lo spirito di preghiera e la carità; comparve una nuova sensibilità ecclesiale ed apostolica; si iscrisse all’Azione Cattolica.

Nacque in lei la radicalità dell’ascolto che si consegna totalmente alla volontà di Dio. A ventun anni scelse di consacrarsi a Dio e, seguendo le indicazioni del suo padre spirituale, entrò nel monastero di Grottaferrata, comunità povera di mezzi economici e di cultura, governata allora da madre M. Pia Gullini.
La sua vita appare dominata da pochi elementi essenziali:
il primo e più visibile è la gratitudine per la misericordia di cui Dio l’ha avvolta, chiamandola ad un’appartenenza totale a lui: amava paragonarsi al figliol prodigo e sapeva dire soltanto ‘grazie’ per la vocazione monastica, la casa, le superiore, le sorelle, tutto.

“Come è buono il Signore!” è la sua continua esclamazione e questa gratitudine penetrerà anche i momenti supremi della malattia e dell’agonia.
il secondo elemento è il desiderio di rispondere con tutte le sue forze alla grazia: che si compia in lei ciò che il Signore ha iniziato, che si compia la volontà di Dio, perché qui si trova per lei la vera pace.
In noviziato aveva il timore di essere rimandata, ma dopo la professione, vinto questo timore, prese spazio un abbandono tranquillo e sicuro, che generò in lei la tensione al sacrificio totale di sé: “Ora fa Tu”, diceva semplicemente. La sua breve vita claustrale (tre anni e mezzo) si consumò come un’eucaristia, semplicemente nell’impegno quotidiano della conversione, per seguire Cristo, obbediente al Padre fino alla morte. Gabriella si sentiva definita dalla missione dell’offerta, del dono di tutta se stessa al Signore.
I ricordi delle sorelle sono semplici e significativi: la sua prontezza a riconoscersi colpevole, a chiedere perdono alle altre senza giustificarsi; la sua umiltà semplice e schietta; la sua disponibilità, per cui faceva volentieri qualunque lavoro, si offriva per i lavori più faticosi senza dir nulla a nessuno. Con la professione crebbe in lei l’esperienza della piccolezza: “La mia vita non vale niente…posso offrirla tranquillamente”.
La sua badessa, madre M.Pia Gullini, aveva una grande sensibilità ed un grande desiderio ecumenico. Dopo averli assunti nella sua vita, li aveva comunicati anche alla comunità.
Quando madre M.Pia, sollecitata dal padre Couturier, presentò alle sorelle la richiesta di preghiere e di offerte per la grande causa dell’unità dei cristiani, suor Maria Gabriella si sentì subito coinvolta e spinta ad offrire la sua giovane vita. “Sento che il Signore me lo chiede confida alla badessa mi sento spinta anche quando non voglio pensarci”.
Attraverso un cammino rapido e diretto, consegnata tenacemente all’obbedienza, cosciente della propria fragilità, tutta tesa in un solo desiderio: “La volontà di Dio, la sua Gloria”, Gabriella raggiunse quella libertà che la spinse ad essere conforme a Gesù, che “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine”. Di fronte alla lacerazione del Corpo di Cristo avvertì l’urgenza di un’offerta di sé, pagata con una coerenza fedele fino alla consumazione. La tubercolosi si manifestò nel corpo della giovane suora, sino ad allora sanissimo, dal giorno stesso della sua offerta, portandola alla morte in quindici mesi di sofferenza.
La sera del 23 aprile 1939 Gabriella concluse la sua lunga agonia, totalmente abbandonata alla volontà di Dio, mentre le campane suonavano a distesa, alla fine dei vespri della domenica del Buon Pastore, in cui il Vangelo proclamava: “Ci sarà un solo ovile e un solo pastore”.
L’afflusso di vocazioni, che sono giunte numerose negli anni successivi, sono il dono più concreto di suor Maria Gabriella alla sua comunità.
Il suo corpo trovato intatto in occasione della ricognizione nel 1957, riposa ora in una cappella adiacente al monastero di Vitorchiano, dove si è trasferita la comunità di Grottaferrata.
Suor Maria Gabriella è stata beatificata da Giovanni Paolo II il 25 gennaio 1983, dopo quarantaquattro anni dalla sua morte, nella basilica di S. Paolo fuori le mura, nella festa della conversione di S. Paolo, il giorno conclusivo della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

b.f.