Regione Lazio – Consiglio di Stato mette la parola fine ai contenziosi con CSA di Castelforte: “Impianto inidoneo a trattare rifiuti con frazione organica”

Nelle due sentenze del Consiglio di Stato promosse dall’azienda nei confronti di FRZ e Rida un duro riferimento all’utilizzo consapevole di un sito inidoneo da parte della regione e degli esami “di parte” non attendibili sui rifiuti. Dubbi anche sui rifiuti conferiti a Viterbo (lo dicono i giudici)

ROMA – Doppia mazzata per la Csa di Castelforte. Il Consiglio di Stato ha respinto i due appelli avanzati dalla società che gestisce l’impianto TM nel sud pontino. Il primo contro la società municipalizzata Formia Rifiuti Zero, la Saf di Frosinone e il Comune di Formia. Il secondo contro la regione Lazio e la RIDA Ambiente.

I giudici amministrativi hanno ribadito quanto abbiamo più volte affermato: “l’impianto di CSA era tecnicamente insufficiente ad un idoneo trattamento ed alla chiusura del ciclo dei rifiuti prodotti dai Comuni serviti dalla FRZ, in relazione ai rifiuti urbani indifferenziati in cui era presente una significativa componente di frazione organica, i quali necessitano di un trattamento per il tramite di un impianto biologico e meccanico, mentre quello in dotazione della società appellante è un impianto solo meccanico”.

Tale conclusione è, peraltro, del tutto coerente con i principi affermati dalla Corte di Giustizia con la decisione 15 ottobre 2014, causa C-323/13, nella quale si è stabilito che il corretto trattamento del rifiuto da conferire in discarica presuppone il relativo trattamento meccanico-biologico.

Queste valutazioni dimostrano come, nel passato, dagli Uffici della Regione Lazio si siano concesse autorizzazioni al TM di Castelforte con un po’ di leggerezza.

Va inoltre rilevato che il Piano Rifiuti della regione Lazio afferma il principio per cui tutti i rifiuti urbani indifferenziati devono essere conferiti in impianti di trattamento meccanico e biologico (TMB e/o TBM). Dunque, in impianti che, diversamente dai TM, siano dotati di sezione di stabilizzazione biologica dei rifiuti urbani ai fini del loro corretto smaltimento in discarica.

Lo stesso Piano menziona, quale unico impianto nell’ATO Latina, il TBM di RIDA, sito nel comune di Aprilia. Non c’è traccia dell’impianto CSA di Castelforte.

Andiamo con ordine. Con delibera della Giunta regionale 12 maggio 2022, n. 290, l’impianto di CSA s.r.l. è stato inserito tra quelli intermedi abilitati al trattamento della frazione secca del rifiuto urbano e con delibera del Consiglio regionale 5 agosto 2020, n. 4, la struttura di Castelforte è stata inclusa nell’ambito territoriale ottimale (ATO) di Latina.

Nel giugno 2023, CSA aveva presentato ricorso al TAR di contro la determina n. 87/2023 della FRZ (Formia Rifiuti Zero) che aveva stabilito di conferire i rifiuti indifferenziati (e contestuale revoca dell’incarico a CSA) alla Saf di Colfelice, società pubblica partecipata dalla provincia di Frosinone e da tutti i comuni della ciociaria.

FRZ aveva sottolineato come l’impianto di CSA era “tecnicamente insufficiente ad un idoneo trattamento ed alla chiusura del ciclo dei rifiuti prodotti dai Comuni serviti dalla FRZ”, in relazione ai rifiuti urbani indifferenziati in cui era presente una significativa componente di frazione organica, i quali necessitano di un trattamento per il tramite di un impianto biologico e meccanico, mentre quello in dotazione della società appellante è un impianto solo meccanico.

Dunque, la decisione della Formia Rifiuti Zero era stata ritenuta legittima dai giudici amministrativi.

L’impianto di CSA s.r.l. non è abilitato a ricevere la parte organica del rifiuto cod. EER 200301 prodotto in Formia e Ventotene, perché opera il solo trattamento meccanico (TM), mentre i due siti di trattamento meccanico biologico (TMB) più vicini sono quello di SAF s.p.a. a Colfelice, e quello di RIDA Ambiente s.r.l. ad Aprilia.

Nelle more del giudizio di primo grado, inoltre, la Regione Lazio, con determinazione dirigenziale n. G11211, del 16 agosto 2023 (durante le ferie estive dello scorso anno, atto firmato dal Direttore Consoli), ha chiuso il procedimento di riesame dell’a.i.a. in possesso di CSA s.r.l., autorizzandola ad installare bio-celle entro il 30 giugno 2024, e consentendole, nelle more, di ricevere rifiuti urbani indifferenziati aventi una frazione organica non superiore al 15%.

C.S.A.-COMUNE DI FORMIA APPELLO

Si segnala, inoltre, come il Consiglio di Stato rileva che “per un verso il contratto di affidamento è scaduto e, per altro verso, l’impianto di CSA è stato ritenuto inidoneo in quanto privo di biocelle”.

Dunque, “entrambe le predette circostanze, come rilevato in maniera condivisibile dal giudice di primo grado, impedirebbero, da un lato, la possibilità di poter ottenere la reviviscenza del contratto scaduto e, dall’atro lato, la possibilità di poter ottenere l’assegnazione di un nuovo contratto avente ad oggetto un servizio che l’appellante non sarebbe in grado di offrire”.

Secondo i giudici “i provvedimenti impugnati con il ricorso di primo grado si fondavano proprio sull’inidoneità tecnica dell’impianto di CSA a trattare rifiuti urbani indifferenziati intrisi di una significativa componente di frazione organica”.

Nella sentenza si legge ancora “l’itinerario argomentativo seguito dalla sentenza impugnata, lungi dall’affermare l’inidoneità degli impianti meccanici a trattare in generale rifiuti urbani indifferenziati ( ad esempio quelli contenenti una scarsa presenza di frazione organica), si fonda sul condivisibile rilievo per cui l’impianto CSA, al tempo dell’affidamento contestato, non poteva ricevere i rifiuti oggetto dell’affidamento dal momento che questi presentavano una significativa percentuale di frazione organica che ne impediva il trattamento nell’impianto di Castelforte”.

I giudici amministrativi, poi, contestano le analisi merceologiche svolte da CSA mentre ritengono attendibili quelle svolte da FRZ (a sua volta contestate da CSA). La conclusione a cui giunge il Consiglio di Stato (supportata dai rilievi ARPA) mette in dubbio anche i conferimenti nella discarica di Viterbo. Un’altra mazzata all’attività svolta dalla società di Castelforte.

La conclusione cui è giunto il giudice di primo grado, secondo cui nel caso in esame vengono in rilievo rifiuti caratterizzati da una significativa presenza di frazione organica, è riscontrata dalle analisi merceologiche disposte da FRZ in data 29.05.2023 e 19.06.2023. A sostegno di questa conclusione rilevano, inoltre, gli accertamenti effettuati da ARPA, compendiati nella nota 20945 del 25 marzo 2022, nella quale si rileva la mancata rispondenza dell’impianto della CSA s.r.l. alle migliori tecniche disponibili di settore, sia con riferimento alla gestione del rifiuto urbano indifferenziato 20 03 01, che veniva sottoposto ad una mera tritovagliatura, sia relativamente alla gestione del sottovaglio, contenente la frazione organica, avviato a smaltimento in discarica con codice CER 19 12 12 senza ulteriori trattamenti”.

Ancora: “Dagli esiti di tali accertamenti derivava per tabulas l’inidoneità dell’impianto di Castelforte a trattare rifiuti contenenti una significativa percentuale di frazione organica, anche alla luce di quanto rilevato dalla Commissione della UE, nel procedimento di infrazione 2011/4021, in cui era stato evidenziato che ‘un trattamento che consiste nella mera compressione e/o triturazione dei rifiuti indifferenziati da destinare a discarica che non includa un’adeguata selezione delle diverse frazioni dei rifiuti e una qualche forma di stabilizzazione della frazione organica dei rifiuti stessi, non è tale da evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull’ambiente e i rischi sulla salute umana’”.

Per poi concludere: “L’accertata inidoneità funzionale dell’impianto di Castelforte a trattare rifiuti contenenti una significativa percentuale di frazione organica non appare in alcun modo revocata in dubbio dalle analisi merceologiche svolte da CSA nei mesi e negli anni precedenti all’affidamento a SAF, le quali si rilevano, a ben vedere, inattendibili”.

Sul conferimento nella discarica di Viterbo il Consiglio di Stato nutre pericolosi dubbi: “Alla luce delle considerazioni che precedono, il Collegio non nutre dubbi di sorta in relazione alla inattendibilità delle analisi merceologiche di CSA prodotte nel giudizio, sulla base delle quali sono stati effettuati i conferimenti nella discarica di Viterbo”.

Va rilevato, inoltre, che in precedente giudizio innanzi al TAR, RIDA Ambiente, impianto sito in Aprilia autorizzato al trattamento biologico-meccanico (TBM) dei rifiuti urbani indifferenziati, ha lamentato il fatto che la Regione, con l’adozione dei provvedimenti impugnati, avrebbe autorizzato il trattamento dei rifiuti codice EER 20.03.01 a mezzo di impianto privo della sezione di trattamento biologico, consistendo l’installazione della C.S.A in un impianto di mero trattamento meccanico. CSA, inoltre, a seguito della collocazione nell’ATO (Ambito territoriale ottimale) di Latina come da disposizioni del Piano regionale dei rifiuti approvato nel 2020, avrebbe potuto essere autorizzata in ampliamento solo per le tipologie di rifiuti e di trattamenti diversi da quelli inerenti ai rifiuti urbani indifferenziati EER 20.03.01, in considerazione del divieto disposto nell’antescritto Piano regionale di apertura di nuovi impianti.

202407208_11

RIDA Ambiente ha anche impugnato la determinazione n. G01151, del 7 febbraio 2022, con la quale la Regione Lazio, nell’emendare la precedente determinazione n. G13002/2021 dal riferimento a buona parte dei procedimenti penali pendenti a carico di CSA presenti nell’atto oggetto del ricorso introduttivo, ha ulteriormente confermato le precedenti determinazioni in merito alla possibilità di trattare i rifiuti EER 20.03.01, rinviando al successivo procedimento di riesame la valutazione e verifica della corretta gestione effettuata dall’impianto del rifiuto urbano indifferenziato codice EER 20.03.01 in ingresso e della eventuale frazione organica separata dallo stesso, nonché della classificazione e verifica dei rifiuti in uscita.
Va ricordato che, durante le ferie di agosto del 2023, la Regione con determinazione n. G11211 del 16.08.2023 ha, infine, rilasciato a CSA la nuova AIA.

Tale provvedimento – che sostituisce integralmente tutti i provvedimenti autorizzatori precedenti, ivi inclusi quelli oggetto del giudizio di primo grado, annullati con la sentenza impugnata – prevede: l’inserimento della stabilizzazione biologica del sottovaglio del rifiuto urbano indifferenziato, e, quindi, la trasformazione dell’impianto di CSA in un impianto di trattamento meccanico-biologico; una disposizione transitoria che consente a CSA di operare, anche per il trattamento del rifiuto urbano indifferenziato, fino alla realizzazione della sezione di stabilizzazione biologica.

Il Consiglio di Stato afferma: “il PRGR (Piano Rifiuti) 2020 – in ottemperanza della sentenza della CGUE nel caso C-323/13 – afferma il principio per cui tutti i rifiuti urbani indifferenziati devono essere conferiti in impianti di trattamento meccanico e biologico (TMB e/o TBM).

Dunque, in impianti che, diversamente dai TM, siano dotati di sezione di stabilizzazione biologica dei rifiuti urbani ai fini del loro corretto smaltimento in discarica.

Di contro, oltre a non fare alcuna menzione di CSA tra gli impianti previsti dal PRGR 2020 nel ciclo dei rifiuti urbani, lo stesso Piano menziona, quale unico impianto nell’ATO Latina, il TBM di RIDA. L’inammissibilità del ricorso di RIDA per mancata impugnativa del PRGR 2020 è, quindi, priva di fondamento. È sufficiente al riguardo rilevare che RIDA non aveva alcun onere di impugnare il PRGR 2020, posto che la riperimetrazione degli impianti è avvenuta facendo salva integralmente la posizione di Rida, il cui impianto è stato confermato come unico impianto TBM dell’ATO abilitato a ricevere i rifiuti urbani indifferenziati EER 20.03.01 di che trattasi. Semmai, sarebbe stato onere di CSA impugnare il Piano, posto che esso non la menzionava nel capitolo sui rifiuti urbani e non la considerava in alcun modo ai fini del soddisfacimento del fabbisogno di trattamento del codice EER 20.03.01 dell’ATO Latina”.

Per il Consiglio di Stato, dunque, “La tesi di CSA, secondo la quale il PRGR 2020, nel riperimetrare gli ATO di Frosinone e Latina, avrebbe già tenuto conto dell’esistenza dell’impianto TM di CSA e delle relative autorizzazioni all’ampliamento, costituisce, inoltre, un’affermazione meramente apodittica, priva di qualsivoglia riscontro.

Dalla circostanza per cui il PRGR 2020 non fa alcuna menzione dell’impianto di CSA nella sezione sui rifiuti urbani discende che qualsiasi autorizzazione rilasciata successivamente a CSA è di per sé illegittima per contrasto con il divieto, previsto dallo stesso PRGR 2020, di autorizzare nuovi impianti di trattamento di rifiuti urbani laddove ve ne siano già di idonei a soddisfare il fabbisogno dell’ATO”.