All’ex Ama Panzironi 10 anni, 11 per Gramazio (FI), 6 al Pd Coratti. Esultano i legali dei principali condannati: “A Roma la mafia non esiste. Sentenza ricorda Borsellino”
ROMA – A Roma non c’è la mafia. Lo hanno deciso i giudici della X sezione penale di Roma alla fine del processo nato dall’inchiesta sul Mondo di Mezzo. Cade per tutti sia l’associazione mafiosa che l’aggravante. Pene scontate, ma comunque severe quelle per l’ex Nar, per il ras delle cooperative, per politici di destra e sinistra.
Si chiama Mafia capitale, si è macchiata di reati gravi puniti con pene severe ma non era un’associazione mafiosa. Non c’è mafia sotto la Colosseo, solo ricatti, violenza, corruzione e criminalità comune. Lo hanno deciso i giudici della X sezione penale di Roma alla fine del processo nato dall’inchiesta sul Mondo di Mezzo. Dopo 21 mesi e 230 udienze, a due anni e mezzo dai 37 arresti del Ros che squassarono per alcuni giorni i palazzi del potere, la giudice Rosanna Ianniello ha impiegato più di venti minuti per leggere la sentenza che fa cadere per tutti gli imputati sia l’accusa di 416 bis – e cioè l’associazione a delinquere di stampo mafioso – che l’aggravante mafiosa prevista dall’articolo 7. Per il resto le toghe hanno emesso condanne pesanti a quella che è comunque un’organizzazione capace di infiltrarsi e fare business nella gestione dei centri accoglienza per immigrati, di finanziare cene e campagne elettorali, di raggiungere politici di destra e sinistra. Un’organizzazione che però – contrariamente a come la pensa la procura di Roma – non è una cupola, non è una piovra, non è mafia.
Le condanne: Carminati, Buzzi, Brugia.- La caduta del 416 bis, quindi, dimezza gli oltre 500 anni di carcere complessivi chiesti dalla procura di Giuseppe Pignatone per i 46 imputati. Vent’anni la condanna inflitta a Massimo Carminati, l’ex Nar indicato al vertice dell’associazione criminale, per il quale i pm avevano chiesto 28 anni. Leggermente più leggera, e pari cioè 19 anni di carcere, la pena di Salvatore Buzzi, il ras delle cooperative, sul quale pendeva una richiesta pari a 26 anni e 3 mesi. Undici anni, invece, per lo storico braccio destro del cecato, Riccardo Brugia, anche lui con un passato di estrema destra e rapine, per il quale erano stati chiesti 25 anni e 10 mesi. Sono loro per il procuratore aggiunto Paolo Ielo e i pm Giuseppe Cascini e Luca Tescaroli le due figure apicali del clan, in grado di pilotare appalti, corrompere e minacciare: protagonisti di quello che hanno definito il “karaoke della corruzione“ Condannate anche la moglie e la segretaria di Buzzi, Alessandra Garrone e Nadia Cerrito. A Garrone è stata inflitta una condanna di 13 anni e sei mesi mentre a Cerrito, che teneva i libri contabili di Buzzi compreso quello delle tangenti, 5 anni.
I politici colpevoli: dal Pd a Forza Italia – I vertici del gruppo erano assecondati, secondo l’accusa, da una schiera di politici di destra e di sinistra, tutti condannati: sei anni per l’ex presidente dell’Assemblea capitolina del Pd, Mirko Coratti (4 e mezzo la richiesta), undici per l’ex capogruppo di Forza Italia in Regione Lazio, Luca Gramazio (l’accusa aveva chiesto 19 anni e mezzo), dieci per l’ex amministratore delegato dell’azienda dei rifiuti capitolina, Franco Panzironi (sul quale pendeva una richiesta di 21 anni), vicinissimo all’ex sindaco Gianni Alemanno, cinque per Andrea Tassone, il dem che era presidente del Municipio di Ostia, tre anni per Giordano Tredicine, ex consigliere di Forza Italia.
Sei anni per Odevaine, solo 3 imputati assolti su 46 – Pena molto più severa rispetto alle richieste dell’accusa, invece, quella inflitta a Luca Odevaine, l’unico a confessare le tangenti: i giudici l’hanno condannato a sei anni mezzo, i pm avevano chiesto due anni e sei mesi. L’ex vicecapo di gabinetto di Walter Veltroni in Campidoglio ed ex componente del tavolo sull’immigrazione, ha già patteggiato in continuazione 3 anni e due mesi davanti ai gup di Roma e Catania: viste le due precedenti sentenze, ne sconterà in totale otto anni di reclusione. L’ex assessore alla Casa dem Daniele Ozzimo è stato invece già condannato a due anni e due mesi anni con rito abbreviato). La sentenza di oggi ha assolto solo tre imputati su 46. Si tratta di Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, per i quali la procura aveva chiesto 16 anni di carcere, e l’ex dg di Ama, Giovanni Fiscon, per il quale erano stati chiesti 5 anni. Secondo l’accusa Rotolo e Ruggiero avrebbero garantito i contatti tra Mafia Capitale e ambienti della ‘ndrangheta.
Tutte le altre condanne – Le altre condanne sono per Claudio Bolla (6 anni), Stefano Bravo (4 anni e 6 mesi), Emanuela Bugitti (6 anni), Claudio Caldarelli (10 anni), Matteo Calvio (9 anni), Pierina Chiaravalle (2 anni e 8 mesi), Mario Cola (5 anni), Sandro Coltellacci (7 anni), Giovanni De Carlo (2 anni e mezzo), Paolo Di Ninno (12 anni), Antonio Esposito (5 anni), Franco Figurelli (5 anni), Agostino Gaglianone (6 anni e mezzo), Carlo Maria Guarany (5 anni), Cristiano Guarnera (4 anni), Giuseppe Ietto (4 anni), Giovanni Lacopo (6 anni), Roberto Lacopo (8 anni), Guido Magrini (5 anni), Sergio Menichelli (5 anni), Michele Nacamulli (5 anni), Franco Panzironi (10 anni), Pier Paolo Pedetti (7 anni), Marco Placidi (5 anni), Carlo Pucci (6 anni), Daniele Pulcini (1 anno), Mario Schina (5 anni e mezzo), Angelo Scozzafava (5 anni), Fabrizio Franco Testa (12 anni), Claudio Turella (9 anni), Tiziano Zuccolo (3 anni e mezzo). Sono 113 invece gli indagati archiviati dal gip Flavia Costantini su richiesta dei pm: tra loro anche il presidente del Lazio, Nicola Zingaretti e Gianni Alemanno (per cui è rimasta in piedi l’accusa di corruzione).
Le intercettazioni: dal “Mondo di mezzo” di Carminati al “Pago tutti” di Buzzi
In una inchiesta così vasta hanno avuto un ruolo di primo piano le intercettazioni. Quella più famosa è di Carminati che spiega la filosofia del gruppo descrivendo il “Mondo di mezzo” dove si incontrano quello ‘di sopra’ delle istituzioni e dei colletti bianchi e quello di sotto del crimine di strada. Una terra intermedia per gestire soldi pubblici lontano dal bene pubblico, secondo la procura, fagocitare appalti e fare affari. L’ex Nar aveva anche una visione strategica: dopo la vittoria di Ignazio Marino aveva detto: “Adesso si va a bussacchiare… Che progetti c’avete?… Teneteci presenti per i progetti che c’avete, che te serve? Che cosa posso fare? Come posso guadagnare, che te serve il movimento terra? Che ti attacco i manifesti? Che ti pulisco il culo? Ecco, te lo faccio io. Perché se poi vengo a sape’ che te lo fa un altro, è ‘na cosa sgradevole”.
Del resto la cosa pubblica poteva essere soltanto un affare. “Una mucca da mungere“, diceva Buzzi intercettato. Che in un’altra conversazione confessava: “Pago tutti”e in un’altra confermava quanto fosse redditizio il business dei migranti: “Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Eh? Il traffico di droga rende de meno!”. Lo stesso uomo che però diceva: “Noi non sfruttamo nessuno, noi semo gente de sinistra” e anche “A me me piace Matteo Renzi, che cazzo vuoi? Tu glie devi di’: “Noi siamo diventati tutti renziani, ce devi di’ che cazzo me dai in cambio?”.
“Abbiamo vinto, abbiamo sempre detto che la mafia a Roma non esiste e così oggi è stato dimostrato. Abbiamo liberato questa città da una mafia costruita”. Così l’avvocato di Salvatore Buzzi, Alessandro Diddi, ha commentato la sentenza per mafia capitale. “Abbiamo dato – prosegue – una grande lezione alla procura, che ha subito una sconfitta totale. Hanno investito tutto sul 416 bis, hanno impedito di accertare le corruzioni di questa città e ora spero si abbia il coraggio di riscrivere la storia della Pubblica amministrazione di questa città”.