Bomarzo – Cluster Covid alla casa di riposo Myosotis, la Procura apra un’inchiesta sui contagi tra il personale

Gravi responsabilità della proprietà che ha nascosto l’epidemia ai dipendenti rimasti a loro volta infettati. Figuraccia del sindaco Perniconi che prima minimizza poi procede alla disinfestazione a tappeto del paese

BOMARZO – Ci sono nuovi casi positivi alla casa di cura nonché Rsa Myosotis di Bomarzo. Un fatto grave sul quale la Procura della Repubblica di Viterbo deve assolutamente indagare e punire chi ha omesso di applicare il protocollo per contenere il virus.

I fatti. La scorsa settimana viene a mancare un’anziana ospite. L’ospedale ne certifica la positività. E’ il secondo decesso in quel reparto. Dopo qualche giorno ne morirà un altro. Per gli altri due casi niente tampone. Cosa grave, non aver applicato il protocollo di sicurezza ed aver messo a rischio gli altri ospiti oltre il personale infermieristico che socio sanitario.

Inascoltate le proteste di alcuni operatori che chiedevano materiale idoneo, cioè dispositivi personali certificati che,  sono stati prima redarguiti e, in alcuni casi, addirittura licenziati.

Cerchiamo di  ricostruire i vari passaggi e le responsabilità. Presidente della società Serenissima che gestisce la struttura è la dottoressa Maria Grazia Montalbano. Direttore sanitario della Rsa è la dottoressa Cinzia Bianchini , coordinatrice della cooperativa che si occupa di fornire lavoro Roberta Cruciani.

Ognuna di loro ha delle gravissime responsabilità civili e penali nei confronti del personale e delle famiglie di quest’ultime.

Il Covid-19 è entrato in quella struttura e non è stato fatto niente per contenerlo. Nelle due ultime settimane hanno proceduto all’assunzione famelica di personale il che già evidenziava qualcosa di anomalo.

Quando c’è stato il caso di positività sono state consegnate tute protettive non idonee ed usate dai carrozzieri per verniciare le auto. Alle proteste che ne sono sono seguite da parte del personale, tra l’altro tenuto all’oscuro anche dei contagi, sono scattati i licenziamenti.

Addirittura è stato fatto lavorare del personale non in regola con il contratto e quindi senza coperture assicurative.

Assunzioni tardive e retroattive per cercare di mettere riparo ad un guaio che però, sfortuna loro, avrà conseguenze terribili perché proprio uno degli operatori socio sanitari non messo in regola, è risultato positivo al Covid.

Proprio quello che, protestando per la mancata applicazione del protocollo di sicurezza e i materiali non idonei, è stato assunto il 22 ottobre (dove hanno indicato una data retroattiva per di più sbagliata) e licenziato lo stesso giorno perché reo di aver additato  il management della struttura non all’altezza nel gestire il focolaio ed averlo tenuto nascosto al personale.

Ovviamente per scrivere questo siamo in possesso di tutta la documentazione che adesso andiamo a pubblicare per essere d’aiuto ai NAS che devono sanzionare chi ha gestito con incoscienza questa situazione e messo a rischio la vita degli operatori socio sanitari e delle loro famiglie.

La cooperativa il 16 ottobre chiama l’operatore socio sanitario R.C. per il test sierologico. Tutto ok, può prendere servizio e, senza aver mai messo piede nella struttura inizia da solo il turno di notte dalle 20 del 17 alle 8 del mattino successivo.

Il 19 fa il turno di mattina, la sera di quello stesso giorno una donna ospite del reparto si aggrava e viene ricoverata a Belcolle dove risulterà positiva al Covid e verrà a mancare nel corso di quella stessa notte.

L’indomani il sospetto che potesse avere il Covid spinge alcuni dipendenti a chiedere spiegazioni e l’immediata applicazione del protocollo di sicurezza per contenere il diffondersi del virus ma nelle risposte, la  coordinatrice della cooperativa, Roberta Cruciani se la prende con chi chiede di rispettare il protocollo nazionale ed sottoposto a tampone. Gli scritti in chat (perché si è guardata bene dall’essere presente in corsia) si fanno prima minacciosi fino ad arrivare alla fatidica frase, “si ritenga licenziato”.

Queste le tute fatte usare al personale della casa di cura Myosotis.

Aggiungere altre parole al momento è superfluo. Anzi, due parole le dedichiamo al neo sindaco Marco Perniconi che abbiamo cercato di contattare ed avvisare fin dal primo giorno di questi episodi. Non è stato possibile. Troppo indaffarato, così indaffarato da essere anche maleducato al telefono. Farà esperienza ma, lo sappia, l’aver minimizzato all’inizio la pandemia alla casa di riposo Myosotis non gli fa certamente onore.