Santa Marinella – Su Quartieri & Co. durissima la Cassazione: “Insussistenza della ritenuta gravità indiziaria”

La Procura di Civitavecchia aveva chiesto misure cautelari e restrittive della libertà personale ma i giudici della VI Sezione hanno spazzato via il ricorso del Pm “condotte di scarsa rilevanza che non giustificavano l’applicazione di una misura cautelare

SANTA MARINELLA – Una notizia che fece scalpore il 21 marzo dello scorso anno quando un blitz delle forze dell’ordine mise a soqquadro case e uffici di consiglieri comunali e imprenditori.

L’accusa era pesante. Una presunta tangente da 100mila euro.

Nel mirino del sostituto procuratore Roberto Savelli risultano iscritte cinque persone. A finire sul registro degli indagati, oltre all’imprenditore Fabio Quartieri, il vice sindaco Andrea Bianchi, i consiglieri comunali Roberto Angeletti Fabrizio Fronti oltre ad un impiegato della Multiservizi distaccato a supporto dell’ufficio urbanistico del Comune di Santa MarinellaGiuseppe Salomone.

Da quel giorno la Procura ha reiterato le richieste addirittura di misure cautelari nei confronti di alcuni degli indagati e per altri con il divieto di permanenza sul territorio del comune di Santa Marinella.

Tutto frutto di alcune intercettazioni che, secondo i legali degli indagati, erano state travisate. Equivocate.

Quelle richieste furono respinte dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Civitavecchia ma il pm ha presentato ricorso in Cassazione per far valere le proprie ragioni.

Non entriamo nel merito della faccenda di per se ampiamente conosciuta e dibattuta. Ci limitiamo a pubblicare la sentenza che evidenzia come gli indizi riproposti dalla Procura non possono in alcun modo essere ritenute utili per chiedere misure sproporzionate. Questa la sentenza:

 

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Roma, a seguito dell’appello
proposto ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. dal Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Civitavecchia avverso il rigetto della richiesta cautelare nei
confronti di Fabrizio Fronti, indagato in ordine al reato di cui al capo B) (artt. 110,
319, 321 cod. pen. in concorso con Fabio Quartieri), ha applicato al predetto la
misura cautelare del divieto di dimora nel Comune di Santa Marinella in relazione alla ritenuta gravità indiziaria in ordine al diverso reato di cui all’art. 318 cod. pen.

2. Avverso la ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di
Fabrizio Fronti deducendo:

2.1. Con il primo motivo violazione degli artt. 127, 178, comma 1, lett. c),
179 e 309, comma 8, cod. proc. pen. per omesso avviso della udienza camerale
svoltasi dinanzi al Tribunale al difensore di fiducia dell’indagato avv. Pietro
Insolera, essendo l’avviso comunicato al precedente difensore di ufficio avv.
Marcella Astori e nonostante la sopravvenuta nomina fiduciaria del 12.7.2022
fosse in atti.

2.2. Con il secondo motivo vizio cumulativo della motivazione in assenza di
una motivazione rafforzata della ordinanza applicativa che, in presenza di un
medesimo compendio indiziario, non si è confrontata con le ragioni poste a base
del rigetto della originaria istanza cautelare formulata dal Pubblico Ministero ed in assenza di un rapporto sinallagmatico tra le rispettive prestazioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato per una assorbente diversa ragione rilevabile di ufficio.

2. La ordinanza impugnata è stata resa a seguito di appello proposto dal
Procuratore della Repubblica avverso il provvedimento di rigetto, emesso in data 11 novembre 2022 dal Giudice per le indagini preliminari, della richiesta di
applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti – tra gli altri – dell’attuale indagato ricorrente. Il provvedimento di rigetto era giustificato non solo sulla base della insussistenza della ritenuta gravità indiziaria ma anche – ed in ogni caso – dalla insussistenza delle esigenze cautelari. E’ in tale senso che il giudice della prima istanza concludeva affermando che gli episodi sottoposti al suo giudizio, e nel più ampio suo contesto valutativo, quand’anche non leciti, “si riducevano a condotte di scarsa rilevanza e non giustificavano l’applicazione di una misura cautelare”.

3. Ebbene, a fronte di una tale decisione l’appello del pubblico ministero –
come documenta lo stesso provvedimento impugnato nella esposizione dei motivi di gravame ed in base all’esame dell’atto di appello consultabile in questa sede in ragione del profilo processuale in esame – si è limitato a contestare la ritenuta insussistenza della gravità indiziaria senza alcuna doglianza riguardante la ritenuta insussistenza delle esigenze cautelari.

4. E’ stato più volte affermato da questa Corte che è inammissibile, per difetto
di interesse, il ricorso per cassazione del pubblico ministero, proposto nei confronti dell’ordinanza di reiezione dell’appello avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di misura cautelare, con cui lo stesso si limiti a contestare unicamente il mancato riconoscimento della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, atteso che l’accoglimento del ricorso in ordine a tale profilo non potrebbe comunque condurre al ripristino della misura, quale unico oggetto dell’interesse giuridicamente tutelato del pubblico ministero (Sez. 6, n. 12228 del 30/10/2018 Cc., dep. 2019, De Gasperis, Rv. 276375); ancora, è inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso per cassazione del pubblico ministero, proposto nei confronti dell’ordinanza di reiezione dell’appello avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di misura cautelare, con cui lo stesso, senza nulla prospettare in ordine alle esigenze cautelari, si limiti a contestare il mancato riconoscimento della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, atteso che l’accoglimento del gravame in ordine a tale profilo non potrebbe comunque condurre all’applicazione della misura e, quindi, sarebbe privo di alcun risultato pratico vantaggioso per l’impugnante (Sez. 3, n. 13284 del 25/02/2021, Acanfora, Rv. 281010). Nello stesso solco di legittimità si pone la decisione con la quale è affermato che è inammissibile, per sopravvenuto difetto di interesse, il ricorso per cassazione proposto dal pubblico ministero avverso il provvedimento del tribunale del riesame al solo fine di veder riconosciuta la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 7 legge 203 del 1991, qualora nelle more del procedimento l’ordinanza cautelare sia stata revocata (Sez. 6, n. 29908 del 07/06/2018, Guarino, Rv. 273438), essendosi precisato – secondo una osservazione che vale anche per il caso in esame – che l’interesse
all’impugnazione non può discendere dall’esigenza di procedere alla contestazione dell’aggravante in sede di richiesta di rinvio a giudizio, atteso che la qualificazione giuridica compiuta nella fase cautelare non è in alcun modo vincolante in sede di merito.

5. Ritiene la Corte che il principio esposto, affermato in relazione al ricorso in
cassazione in materia cautelare, trovi applicazione in base al generale principio
dell’interesse fissato dalla norma generale dell’art. 568, comma 4, cod. proc. pen. anche in relazione all’appello cautelare, così designando la mancanza di motivi sulle esigenze cautelari la inammissibilità del gravame proposto dall’Accusa avverso il provvedimento reiettivo della richiesta di misura cautelare che, pertanto, non consentiva di apprezzare le censure mosse in ordine al profilo
indiziario e, ancor di più, di svolgere – come pure è stato fatto dal Tribunale –
valutazioni a riguardo delle esigenze cautelari non oggetto di devoluzione.
6. Trattandosi della mancanza di un requisito indefettibile della impugnazione
cautelare ed attesa la natura devolutiva dell’appello, essa doveva essere rilevata di ufficio dal Tribunale e l’omissione a riguardo consente a questa Corte di operare il rilievo in conformità al condivisibile principio secondo il quale l’inammissibilità dell’impugnazione non rilevata dal giudice dell’appello cautelare deve essere dichiarata dalla Corte di cassazione, quali che siano state le determinazioni cui detto giudice sia pervenuto nella precedente fase processuale, atteso che, non essendo le cause di inammissibilità soggette a sanatoria, esse devono rilevarsi, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (Sez. 3, n. 35715 del 17/09/2020, Riccardi, Rv. 280694 – 04).
7. Non osta al principio affermato quello secondo il quale il Tribunale della
libertà, se accoglie l’appello del pubblico ministero avverso il provvedimento di
rigetto della richiesta di applicazione di misure cautelari personali, motivato dalla carenza di esigenze cautelari ma con il riconoscimento della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, deve prendere in esame tutti gli elementi di cui all’art. 292 cod. proc. pen., e pertanto deve dare adeguata motivazione non solo in relazione alle esigenze cautelari ma anche in ordine alla già dichiarata sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, della quale il soggetto sottoposto ad indagini non aveva alcun interesse a dolersi per essere stata rigettata la richiesta di misura cautelare (Sez. 1, n. 27792 del 19/04/2006, Badoni, Rv. 234422). Invero, tale principio riguarda la diversa questione del contenuto della decisione che accoglie il gravame cautelare ritualmente proposto che, come tale, non può prescindere – come nel caso di specie di diniego della misura cautelare da parte del primo giudice – dalla devoluzione da parte del pubblico ministero del tema riguardante le esigenze cautelari.

8. Al rilievo della originaria inammissibilità dell’appello del pubblico ministero
consegue l’annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata.

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Un caso che ha danneggiato sicuramente l’immagine di imprenditori e politici su presupposti che la stessa Cassazione ha ritenuto non provati e di scarsa rilevanza.

Questa vicenda avrà degli strascichi perché, come detto, politici e soprattutto imprenditori hanno subito un danno di immagine rilevante.