Martina Maccari, moglie di Bonucci, scrive alla Juventus: «Nemmeno uno squallido ultimo abbraccio»

«Cosa ci rimane quindi? Nemmeno uno squallido, ultimo abbraccio». Inizia così un lungo post sui social di Martina Maccari, la moglie del viterbese Leonardo Bonucci, in cui si rivolge chiaramente alla Juventus dopo l’addio del difensore passato all’Union Berlino e finito in tribunale. «13 anni. Per tredici lunghi anni Tu ed Io siamo state Amiche. E Tu lo sai. Di quelle che una è più grande e una è più piccola — scrive la donna — una è amata da tutti e l’altra deve invece faticare per trovare il suo spazio. Amiche trascinate per passione, anche all’antagonismo. Amiche che non si scelgono ma che la vita avvicina, chissà per quale strano disegno. Tu ed Io abbiamo condiviso la passione per lo stesso uomo, e tu (adesso posso confessarlo) hai sempre vinto».

E ancora: «Sei stata Tu, sempre, il primo pensiero, Tu quella della priorità, ed Io quella del tempo che rimane. Sei sempre stata quella che c’è anche quando non la vedi», scrive Lady Bonucci. «Proprio come le Amiche che ti fanno sentire sempre un po’ in ombra, ma che alla fine ti fanno sentire protetta. Quelle che sai di essere seconda ma dopo una prima irraggiungibile. Quelle che la guardi e trovi sempre l’ispirazione giusta», prosegue: « Anche quando le cose vanno male Lei è in grado di passare la giusta ispirazione e Tu, sei lì a stupirti ogni volta. È per questo, forse, che in questo mio amore assorbito per osmosi, ti ho odiata spesso. Ti ho odiata nell’ombra della solitudine a cui mi costringevi con cadenza programmata, calendarizzata. Oltre l’orizzonte dei sentimenti incontrollabili come l’amore e l’odio, avevo certezza però che saresti stata un faro per sempre. Quella della cosa giusta al momento giusto, anche fosse l’ultimo momento, quello agli sgoccioli del tempo a disposizione. Pensavo che nonostante la vita ed i meccanismi normali del corso del tempo che conosciamo benissimo, avremmo continuato a riconoscerci». E infine: « Pensavo saremmo state fedeli per sempre ad una storia che parla di vita, di dare e prendere, di sacrificio e riconoscenza, di lavoro e amore, una storia di vita che parlava di un patto di cura. Oltre il moderno tritacarne, pensavo avremmo continuato a curarci l’una con l’altra. Mi dispiace tanto. Non cambierò strada incontrandoti. Ai patti io tengo fede. Perdendo tanto, rinunciando anche a quello che per tanti anni ci siamo contese. Buona Vita».

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