I soldi di BancaEtruria erogati per la Privilege Yard nei paradisi fiscali

I soldi di Etruria per Ferrari e case a Roma. Appena arrivarono i finanziamenti delle banche, uno degli amministratori del cantiere navale Privilege, in bancarotta, bonificò 46milioni su un conto alle Isole Vergini.Ma quel denaro fu speso dallamente del progetto per regali di lusso

Alla faccia dell’inferno a cui sono stati condannati i correntisti, sembra che decine di milioni della Banca popolare dell’Etruria e del Lazio siano finiti in un paradiso. Fiscale. E più precisamente nelle Isole vergini britanniche. È questa una delle clamorose conclusioni contenute nelle informative consegnate dalla Guardia di finanza agli inquirenti della procura di Civitavecchia che indagano sulla presunta bancarotta della Privilege yard spa e del suo cantiere di yacht di lusso mai realizzati.

MILIONI AI CARAIBI – Le investigazioni si stanno concentrando su come si siano volatilizzati cento milioni di euro delle banche finanziatrici del progetto, un pool di istituti di credito capitanato dalla Popolare aretina. Ebbene appena quei denari vennero erogati, dall’Italia partì un bonifico da 46,35 milioni diretto alla Privilege yard inc. che secondo gli investigatori dovrebbe avere base nei Caraibi.

La causale era il progetto del mega yacht lungo 127 metri oggi abbandonato e arrugginito nel porto di Civitavecchia.

Altri 5,2 milioni finirono a uno dei presunti committenti, la Privilege fleet management co. spa. Sulla carta gli armatori dello yacht e i
progettisti erano società non collegate alla Privilege yard spa, ma gli uomini del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma coordinati dal colonnello Cosimo Di Gesù stanno svelando una verità ben diversa: dietro alle diverse società committenti, una delle quali costituita sul’Isola di Man, e a quella caraibica firmataria delprogetto ci sarebbe lo stesso burattinaio.

Si tratta di Mario La Via, l’ex amministratore delegato della fallita Privilege yard spa, passata di mano molte volte in quasi dieci anni
di vita e dal 2012 sotto il controllo della londinese Shipping investiments limited.

Sarebbe lui il dominus di un intricato reticolo di scatole cinesi che porterebbe all’Ultrapolis 3000 investment limited, società con base operativa a Singapore e ufficialmente primo armatore del panfilo. Nelle carte dell’indagine spuntano anche ricchi conti correnti svizzeri, fondi lussemburghesi, teste di legno maltesi.

Per esempio nell’ultimo disperato tentativo di evitare il fallimento La Via ha rivelato l’esistenza di un tesoretto da circa 85 milioni di
euro collocato in un trust irlandese e ha annunciato l’ingresso di un nuovo presunto finanziatore, un fondo lussemburghese, e l’emissione di titoli da far gestire sul mercato a una società di investimento maltese.

Niente di tutto questo è accaduto e la Privilege, nel giugno del 2015, è fallita.

BANCHE TRUFFATE – Nei giorni scorsi il Tribunale di Civitavecchia ha messo all’asta nave, cantiere e impianto fotovoltaico
al prezzo di saldo di 95 milioni, anche se le offerte potranno scendere del 30 per cento, sino a 66,5milioni.

Un modesto importo se confrontato con il buco di 215 milioni lasciato dalla Privilege.

Tra i creditori che si sono insinuati nel fallimento ci sono anche le banche che hanno chiesto indietro ben 145,6 milioni.

Tra crediti privilegiati, ipotecarie chirografari sei istituti si sono presentati a batter cassa: Etruria ha chiesto al curatore
fallimentare, l’avvocato Daniela De Rosa, la restituzione di 32 milioni tra finanziamenti e fidi sui conti correnti (circa 10 milioni), Banca popolare diMilano reclama addirittura di 34,8milioni, Monte dei Paschi di Siena 27,6milioni, Unicredit e Intesa San
Paolo 18,1 milioni a testa, e, infine, Banca delle Marche “solo”15.

Nell’arco di tre anni le banche hanno assicurato alla Privilege yard molti finanziamenti.

Per esempio nel 2009 Etruria e Banco di Sardegna accordarono 20 milioni per realizzare il cantiere navale.

Nel 2010 sempre la Popolare aretina anticipò 4 milioni per l’arredamento della barca e insieme a BancaMarche sganciò altri 6 milioni per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico.

A realizzare i pannelli fu una società, laHigh facing, di proprietà dell’ex vicepresidente dell’Etruria Natalino Guerrini.  Anche su
questa operazione sono in corso approfondimenti investigativi.

Nel 2011 Mps capital services e Bpm versarono altri 20 milioni e nel febbraio dello stesso anno la Popolare dell’Etruria, capofila del pool, Unicredit, Intesa, Mps capital service e Bpm stipularono il contratto di finanziamento più cospicuo, quello da 100 milioni di euro di cui abbiamo già parlato.

Dove siano finita gran parte di quel denaro lo conferma una fonte a Libero: «Appena arrivarono i fondi dalle banche uno degli
amministratori fece partire un bonifico da 46 milioni da un computer portatile. Ufficialmente serviva a pagare il progetto, ma noi sapevamo benissimo che i disegni, a cui stavamo lavorando, erano in gran parte realizzati nel grande studio ospitato nella villa
di La Via. Eravamo tutti al corrente che dietro alle ditte estere destinatarie dei bonifici ci fosse il nostro capo».

Con i soldi della Privilege sono stati acquistati anche una Ferrari coupè del valore di 320 mila euro e una Maserati usata.

Nel gennaio del 2013 la Privilege ha chiesto altri 90 milioni a Etruria& c., ma nel maggio dell’anno successivo la banca ha inviato una lettera con cui bocciava la richiesta.

L’UOMO DEI MISTERI – Ma come è stato possibile che questi istituti abbiano così generosamente finanziato un piano così aleatorio?

Dalle carte in possesso di Libero sembra che come garanzia LaVia offrisse una lettera della Barclays bank che prometteva sì l’investimento di 180 milioni, però «solo alla consegna dell’imbarcazione». Una promessa da marinaio, facilmente smascherabile, visto che già dal 2007 alcuni giornali ed esperti di nautica avevano messo in dubbio la realizzabilità del progetto e la credibilità dei suoi attori. Eppure le banche si sono accontentate di quella impegnativa, anchese il cantiere era separato dal mare dai binari della ferrovia ed era praticamente impensabile che uno scafo di quelle dimensioni potesse essere condotto in acqua senza un bacino di carenaggio.

Per gli inquirenti civitavecchiesi la mente di questo disegno criminale sarebbe il settantacinquenne romano La Via, misterioso imprenditore residente in una magione hollywoodiana realizzata tra i campi e i boschetti di Roma nord, già distrutta dalle fiamme nel 2007.

La sua storia è iniziata al fianco di quello che la rivista di giornalismo investigativo Vice definì il più grande trafficante d’armi del pianeta, il saudita Adnan Khasshoggi. Insieme allestirono il leggendario panfilo Nabila, poi le loro strade si divisero e La Via ha intrapreso, con scarsi risultati, nuovi business: dagli studios cinematografici singaporiani con Vittorio Cecchi Gori ai parchi a tema, un’altra fallimentare impresa della Ultrapolis e dei suoi esotici soci e amministratori, dal sultano del Brunei all’ex segretario dell’Onu Perez de Cuellar.

Infine il sogno degli yacht più lussuosi del mondo. Un progetto benedetto persino dall’ex segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone, destinatario di donazioni per centinaia di migliaia di euro su cui la procura di Civitavecchia sta facendo approfondite indagini.

POLITICI SOTTO ESAME – Nell’ambito dell’inchiesta il pm Lorenzo Del Giudice ha ordinato la perquisizione di numerose società: tra queste l’immobiliare che ha in pancia la villa di La Via, controllata interamente da una società anonima del Liechtenstein.

I finanzieri hanno bussato anche alla porta della società di consulenza Economia reale sas di Mario Baldassari & c. che ha emesso
fatture per un valore di circa 680mila euro.

Baldassarri, che con il curatore ha lamentato 100mila euro di crediti, è stato viceministro all’Economia nel governo Berlusconi.

Tra gli indagati eccellenti dell’inchiesta c’è l’ex ministro dell’Interno Vincenzo Scotti, già presidente della Privilege fleet e presidente onorario della Privilege yard spa (carica che però giura di non aver mai accettato).

Sino all’ultimo sono rimasti al comando della Privilege e per questo risultano sotto inchiesta anche il generale in pensione della
Guardia di Finanza Giovanni Verdicchio, l’avvocato Giulio Simeone e i due figli gemelli di La Via, i ventiseienni Maria e Gugliemo.

 

di Giacomo Amadori per Libero